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27/10/2011 20:09:30 - Provincia di Taranto - Attualità

Una terra carsica e assetata che, con un duro lavoro, rinunce e tenacia, è diventata per i posteri un tesoro di sopravvivenza, ma che racchiude tesori inestimabili di storia…

 
Il toponimo “Valle d’Itria” deriva dall’antico culto greco-bizantino della “Madonna Odegitria” a cui era dedicato, nella valle, un sito religioso medievale fondato dai monaci basiliani con annessa chiesa rupestre su cui oggi sorge la chiesa di san’Antonio ai Cappucini in territorio di Martina Franca. In seguito, con il nome Itria, è stata battezzata tutta la valle che è circondata  oggi dalle città d’arte di Martina Franca, Cisternino e Locorotondo. Il territorio della Valle d’Itria, in realtà un’ampia depressione carsica, cela tracce di una remota antropizzazione testimoniata dai frammenti archeologici che continuamente emergono dal terreno, e che sono ascrivibili a un periodo cronologico che va dalla Preistoria al Medioevo. Quest’ultimo  si scorge soprattutto nelle fabbriche di antiche cappelle rurali attualmente rimaneggiate, intorno alle quali sono sorte piccole frazioni. La storia successiva si legge nel paesaggio che ora mostra essere il frutto di una colonizzazione agricola che ha profondamente stravolto l’ambiente naturale. Il ceto contadino, interpretando i suggerimenti che la natura rocciosa offriva, ha rielaborato il territorio con molteplici costruzioni in pietra. E’ stata resa quindi fertile una terra carsica e assetata che, con un duro lavoro, rinunce e tenacia, è diventata per i posteri un tesoro di sopravvivenza. Questa ex terra arida è conosciuta oggi anche come “Valle dei Trulli” perché al suo interno si concentrano anche le tipiche costruzioni pugliesi a forma di cono ormai non più tutte dimore umili, ma case di villeggiatura o luoghi ricettivi. Sono caratteristici anche i colori del paesaggio: il rosso della terra, grazie al bolo, il verde della rigogliosa natura dove spiccano anche i querceti e il bianco della pietra e del latte di calce con cui sono tinteggiate, come si dice in gergo, le casedde.  Trattandosi di un luogo dal patrimonio naturale puro ed incontaminato, è facilmente intuibile che i settori cardine dell'economia della Valle d'Itria sono l'agricoltura e la pastorizia, diffuse principalmente nei pressi delle bianche masserie della zona e nei dintorni delle frazioni. Grazie all'attività dei braccianti, che durante il XIX secolo hanno acquisito le terre della valle, e grazie a favorevoli condizioni economiche e sociali, questo territorio improduttivo e spigoloso è diventato zona fertile, oggi in grado di produrre cereali, legumi e frutta di ogni tipo. Nella depressione una volta predominavano foreste di querce e distese di macchia mediterranea; oggi invece la fanno da padroni uliveti, alberi di fico, distese di fichi d’India e vigneti. Da questi ultimi traggono origine alcuni dei vini più pregiati della Puglia, apprezzati anche a livello internazionale e possessori del marchio DOC che ne attesta l'elevata qualità: il “Bianco di Martina” e il “Bianco di Locorotondo”. E’ importante ricordare che nella valle sorgono tre rinomate strutture, il Villaggio del Fanciullo, l’Ashram Bohle Baba e i Giardini di Pomona. Il primo è un centro di accoglienza per minori che versano in gravi condizioni di disagio familiare, denominato anche “Fondazione San Girolamo Emiliani”, il secondo è un centro spirituale indù in cui si vive di meditazioni e pratiche mistiche tipiche dei Veda e l’ultimo, conosciuto come “Conservatorio Botanico”, presenta tre collezioni tipiche consistenti in fruttifere arboree, flora spontanea e erbe aromatiche. Da evidenziare che nella valle, in prossimità di Locorotondo, sono venute alla luce in due campagne di scavi circa 40 sepolture, molte delle quali in ottimo stato di conservazione e recanti anche un corredo funerario.  L’analisi delle suppellettili ritrovate ha permesso di datare quella che ormai può essere considerata a tutti gli effetti una necropoli che va dalla fine del VI all’inizio del V sec. a.C. Sono emersi anche elementi di strutture abitative, capanne e resti di un muro, che lasciano pensare all’esistenza di un nucleo insediativo.
 
 
Testo e immagini di Antonietta Trono
Bibliografia
De Michele, L. (1993), Trasformazioni agrarie e fondiarie in Valle d’Itria, in Riflessioni Umanesimo della Pietra, Martina Franca, Edizioni Pugliesi.
De Michele, V. (1986), Locorotondo, rinvenimenti archeologici in contrada Grofoleo. Origini di un centro abitato della Valle d’Itria, Martina Franca,  Nuova Editrice Apulia.










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