giovedì 28 novembre 2024


07/03/2012 09:03:11 - Provincia di Taranto - Calcio

Durante Lucera-San Giovanni Rotondo aggredito l’arbitro Di Maio della sezione di Molfetta

 
In Capitanata il calcio è alla frutta, nel senso letterale del termine. Il calcio dilettantistico - per intendersi quello che dovrebbe insegnare ai giovani atleti il rispetto per gli altri, la tolleranza e l’importanza dell’onestà sportiva e intellettuale - è sceso praticamente in guerra. Sospeso tra follia e ipocrisia. Si predica bene, ma nello stesso momento si razzola molto male. Tifosi, giocatori e dirigenti tutto sullo stesso piano: nessuno escluso.
 
Il calcio dilettantistico sembra malato di protagonismo: quello foggiano ancora di più, lo testimonia in maniera inequivocabile - se ancora ve ne fosse bisogno - l’espisodio avvenuto a Lucera domenica scorsa. Un dirigente del club svevo - già identificato, adesso rischia il deferimento a vita (ma il suo nome non viene reso noto dalla dirigenza e il Commissariato di Ps mantiene uno stretto riserbo) - quindi un uomo di sport che dovrebbe dare l’esempio, ha letteralmente preso a schiaffi l’arbitro De Maio (sezione di Molfetta) mandando in frantumi quanto di buono si stava facendo in una città come quella sveva, che rischiava di rimanere senza calcio la scorsa estate ma che (acquistando il titolo sportivo del Torremaggiore) ha deciso di proseguire la propria avventura.
Tutto è avvenuto all’8’ del secondo tempo, dopo l’espulsione di un giocatore lucerino evidentemente ritenuta ingiusta da parte di questo dirigente (il club non ha ancora espresso nemmeno una riga di dissenso nei confronti dell’accaduto).
 
Cose dell’altro mondo. Tifosi (è successo di tutto e di più anche in San Severo - Mola, Vieste - Monopoli e tante altre gare) e giocatori: ora più di tutti, anche i dirigenti. Ma a Lucera, domenica scorsa nel corso di Torre/Lucera - San Giovanni (campionato di «Promozione») è stato raggiunto il culmine della vergogna. Qualcuno è entrato nel rettangolo di gioco, senza permesso chiaro: il direttore di gara è stato colpito con uno schiaffo, forse anche con un pugno sulla guancia, restando a terra stordito e subito soccorso da uno dei suoi assistenti. Momenti concitati, è arrivata un’ambulanza del «118» che ha condotto il direttore di gara all’ospedale Francesco Lastaria di Lucera. L’episodio potrebbe assumere rilevanza penale, senza contare gli aspetti legati alla giustizia sportiva. Quanto accaduto non ha alcuna giustificazione. L’aggressione ai danni di un arbitro, di un giocatore avversario ad opera di un “addetto ai lavori” è da condannare in maniera ferma e decisa. Le eventuali responsabilità saranno valutate, ora, dalle Figc, ma l’immagine del calcio lucerino (e di quello foggiano in genere) ne esce comunque infangata.

Capitolo tifosi: rischiano di dover risarcire complessivamente più di 100mila euro i 4 tifosi del Monopoli arrestati dopo gli incidenti fra supporter biancoverdi e quelli del Vieste di tre settimane fa. In occasione della prima udienza del processo che vede imputati Mariano D’Errico (24 anni), Pietro Gentile (22), Leonardo e Damiano Cascione (questi ultimi padre e figlio di 52 e 22 anni), accusati di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, il giudice del Tribunale di Foggia ha infatti ammesso la costituzione di parte civile di 6 carabinieri e di 5 fra passanti e tifosi che sono rimasti feriti (con prognosi di alcuni giorni) o contusi durante gli scontri. La richiesta di risarcimento danni sia aggira sugli 8mila euro a testa. L’udienza è stata rinviata al 15 marzo. I quattro tifosi (rimessi in libertà martedì dopo quasi due giorni di carcere) dovranno ora dimostrare di non aver giocato un ruolo negli incidenti che sono scoppiati al termine della partita vinta per 2 a 1 dal Monopoli. La loro posizione è però diversa: uno di questi, Pietro Gentile, sarebbe stato arrestato solo perché stava riprendendo l’intervento delle forze dell’ordine con il proprio telefonino. E proprio le immagini di quel telefono potrebbero chiarire la dinamica dei fatti. I monopolitani sostengono - al contrario - di essere stati provocati: la loro versione è finita addiritura in Parlamento.











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