Sempre più frequenti i casi in cui i presidi chiedono aiuti alle famiglie
Antonio Guido è il preside del “Marco Polo”, la scuola di Bari che con più di 1700 iscritti è la più grande della Puglia. Al consiglio di istituto, convocato per giovedì, formulerà un proposta: aumentare il contributo volontario, richiesto alle famiglie degli studenti all’inizio dell’anno scolastico, fissarlo a quota 100 euro. 70 euro ad alunno non sono più sufficienti.
Troppo pochi per garantire il minimo indispensabile che nella vita quotidiana della scuola è rappresentato da fotocopie, computer che si rompono e vanno riparati e poi perché no da stage formativi, viaggi di istruzione all’estero.
«Così non ce la facciamo» dice Antonio Guido.
Eccola la storia della scuole che faticano ad arrivare a fine anno. Che fanno i conti con i tagli dei trasferimenti, con l’istruzione che si sforza di seguire il passo dei tempi.
Enza Maffei è la preside dell’“Euclide”, istituto che forma i geometri del futuro, ma anche i piloti.
«Ci sono molti progetti per gli studenti, come le esercitazioni di volo, i laboratori di informatica e i fondi europei non sono sufficienti» dice il capo di istituto. E nei laboratori ovviamente i computer si rompono o nel migliore dei casi hanno bisogno di manutenzione. La tecnologia costa: il toner, la carta per le stampanti. I contributi volontari delle famiglie che nell’istituto “Euclide” si ferma a quota a 80 euro servono anche per questo: garantire il funzionamento della macchina tecnologica. Perché i fondi che le scuole di secondo grado ricevono dal ministero sono sempre più bassi. Servono per coprire il costo delle supplenze, ad esempio, del personale più in generale. E allora si fa quello che si può.
Al liceo “Salvemini”, gli studenti nel biennio pagano 65 euro, nel triennio dieci euro in più. E capita che i soldi vengano impiegati per l’ordinaria amministrazione, l’acquisto di saponi, la carta per le fotocopiatrici, il toner per le stampanti. Solo una parte va al finanziamento di attività e progetti destinati agli studenti perché il reclutamento di esperti ha un costo.
«Cerchiamo anche sponsor, ma si tratta di piccoli contributi» dice il preside Mario De Pasquale. All’Iiss “Elena di Savoia” e “Calamandrei”, istituto tecnico chimico, quest’anno, il contributo volontario ha subito un piccolo ritocco al rialzo (40 euro per le prime e le seconde, 50 per il triennio). Le voci di spesa sono sempre le stesse. C’è l’assicurazione obbligatoria, le stampanti da sistemare, le pagelle da stampare. E poi c’è la manutenzione di un grande giardino.
«Ci sono — spiega il preside Enzo Velati — i laboratori chimici dove vengono impiegate boccette, elementi di vetreria molto costosi. Quando si rompono e poi bisogna ricomprarli le spese sono elevate». Ed il periodo è quello che è. «Molte famiglie — aggiunge Velati — ci chiedono i libri in comodato d’uso». E quindi non possono pagare il contributo volontario, più alto negli istituti superiori che non, almeno negli ultimi anni, non sono considerate scuole dell’obbligo. Contributo che, spiega Cecilia Pirolo, responsabile pugliese dell’associazione nazionale Presidi, «in realtà dovrebbe essere utilizzato per attività e progetti rivolti agli studenti».