L’impegno di Judy e Salvatore Dilorenzo, che sei anni fa hanno fondato l’associazione “Malattia di Wilson”
Da Manduria un importante impulso per la ricerca scientifica e la diagnosi precoce della Malattia di Wilson.
Si tratta di una rara malattia genetica, le cui manifestazioni cliniche dipendono dall’accumulo di rame principalmente a livello del fegato e del cervello. In Italia l’incidenza media varia fra un caso ogni 30mila sino a un caso ogni 100mila residenti. Come per ogni malattia rara, l’informazione non è mai esaustiva e, purtroppo, le aziende farmaceutiche difficilmente investono, in quanto il contenuto consumo dei farmaci difficilmente rende remunerativi gli investimenti economici.
«La diagnosi per mio figlio, che all’epoca aveva sei anni, fu del tutto casuale» ci racconta Judy Scialpi, segretaria nazionale dell’associazione “Malattia di Wilson”. «Un caso comunque fortuito, poiché la diagnosi, per mio figlio, è da considerarsi precoce. Può succedere, infatti, che i disturbi possano essere scambiati come sintomi di altre malattie. Tanta gente, pertanto, convive, senza saperlo, con questa malattia, che, se non curata, compromette in maniera irreversibile gli organi interessati e può provocare la morte del paziente».
Dopo un iniziale momento di stordimento e di confusione, quella infausta diagnosi spinse Judy e il marito Salvatore Dilorenzo ad approfondire la conoscenza di questa malattia e a dedicare gran parte del loro tempo e, quindi, della loro vita ad aggregare altre famiglie che, in Italia, stavano “convivendo” con il “signor Wilson”.
«Sei anni fa in Italia non esistevano associazioni che si occupavano di questa malattia. Abbiamo eseguito una ricerca nella nostra zona e abbiamo scoperto che, fra Manduria e Sava, erano stati diagnosticati 12 casi di “Malattia di Wilson”: una incidenza molto più alta della media nazionale. Tre mesi di ricerca e una mole di informazioni scientifiche estratte dall’impersonale “dottor Google” non hanno fatto altro che accrescere i dubbi, la confusione e la paura..» ci racconta la signora Scialpi. «Paura soprattutto che la parola malattia rara fosse sinonimo di solitudine. Nonostante tante ricerche, non si riusciva a trovare la risposta alla domanda più banale: “Come vive la quotidianità chi è affetto da questa malattia”?
Abbiamo compreso come sia fondamentale arrivare alla diagnosi già nella fase asintomatica, potendo così avviare un’idonea terapia in grado di consentire un percorso di vita dignitoso. Per ottenere questo risultato, pertanto, è decisiva l’informazione. Abbiamo così deciso di fondare un’associazione che ha il compito di coinvolgere i malati di tutta Italia e le loro famiglie al fine di confrontarsi e condividere esperienze e informazioni».