Hanno incontrato i ragazzi della scuola “Morleo” di Avetrana
Due storie diverse, ma con tanti punti in comune. Entrambe sono caratterizzate dalla passione per il ciclismo. In entrambe, la vita ha riservato delle impervie “salite”. In tanti si sarebbero arresi, ma loro hanno trovato motivazioni e voglia di lottare. Non si arrendono: vivono la loro vita sempre sui pedali, non solo figurativamente, come, cioè, un ciclista quando scala le vette. I protagonisti di queste due storie si sono riappropriati della loro vita anche grazie al ciclismo, speciale “medicina” antidepressiva, che non si vende in blister e che va usata tutti i giorni per riacquistare la voglia di vivere e la propria autostima.
E’ stato questo il messaggio che il col. Carlo Calcagni e Leo Melle hanno trasmesso ai ragazzi della scuola “Morleo” di Avetrana in un recente incontro: hanno indicato i veri valori (il senso di attaccamento alla divisa militare e l’altruismo del col. Calcagni, che nella missione nella ex Jugoslavia ha rischiato a più riprese la vita per salvare, con il proprio elicottero, i feriti) e stimolato i ragazzi a non arrendersi mai (“Per i medici, in seguito ad una emorragia cerebrale, inizialmente avevano previsto che non sarei sopravvissuto; poi che sarei rimasto per sempre allettato; poi che non sarei andato oltre la carrozzella; invece eccomi qui che volo con la mia bici” le parole di Leo Melle).
Un incontro toccante, nel corso del quale il col. Calcagni ha raccontato la propria storia, spesso caratterizzata da grandi ingiustizie: la contaminazione da uranio impoverito nel corso di una missione di pace (sarebbe bastato dotare i militari del giusto equipaggiamento per evitare tante morti, tanti lutti e tante sofferenze) e la squalifica, estremamente ingiusta, giunta prima della gara decisiva per la qualificazione alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro (hanno ritenuto doping un farmaco diuretico che serve al col. Calcagni per attenuare parte dei devastanti effetti dei metalli pesanti che ha inalato nel proprio corpo). Ma il col. Calcagni, nonostante non sia stato trattato dallo Stato come un “figlio” (ha rimarcato la disparità di trattamenti riservati da una parte alle vittime della mafia e dall’altra a chi contrae una malattia mentre serve, in divisa, lo Stato), continua a manifestare amore per il Corpo militare.
Leo Melle, invece, dopo aver vinto tutto il possibile nel corso del 2016, spera, nel 2017 di continuare a mietere vittorie anche nella Coppa Europa e nella Coppa del Mondo per ciclisti diversamente abili.
«Il mio risultato più importante? Quello di aver ritrovato l’autostima» la confessione dell’atleta manduriano.
Quella di Calcagni e Melle, insomma, è stata una vera e propria lezione di vita.