«Settore giovanile penalizzato dall’eccessiva ricerca del risultato da parte di tecnici, dirigenti e genitori»
«La mia esperienza di campo mi suggerisce e mi permette di sentire e di osservare che oggi forse il gioco del calcio, sopratutto nella città di Manduria, sembra sia vissuto dalle nuove generazioni e dall’ambiente degli addetti ai lavori non più come un puro divertimento, come un gioco, ma quasi come un impegno, un lavoro, un’imposizione» sostiene il prof. Pastorelli. «Questi fattori chiaramente non facilitano la pratica sportiva e quindi il miglioramento a tutti i livelli del fare calcio e soprattutto non garantiscono divertimento e sviluppo delle capacità tecniche, che sono, o meglio dovrebbero essere, gli obiettivi dell’addestramento e dell’apprendimento giovanile. Si notano abbastanza frequentemente giovani che non hanno voglia di sacrificarsi o di sottoporsi ad impegni mostrando scarso interesse ad apprendere e ciò porta ad un progressivo scadimento delle attività che ruotano attorno al mondo dei settori giovanili, delle scuole calcio (tante nella città di Manduria).
Quali le cause di questo panorama odierno? Io le ritrovo in una scarsa cultura sportiva ormai dilagante, nel modo di proporre calcio ai nostri bambini già a tenera età, nell’eccessiva ricerca del risultato da parte di tecnici, dirigenti e genitori, in assurdi e prematuri tatticismi e nel volersi per forza proiettare in dimensioni professionistiche lontane dai fini di un’attività che è deve essere prima di tutto ludica, giovanile ed aggregante…
Così, purtroppo, nel nostro paese si respira “smog asfissiante” che circola indisturbato nei campi di calcio del nostro paese, nuocendo particolarmente al nostro bambino, al nostro giovane calciatore, che vorrebbe imparare, sperimentate le sue possibilità, conoscere, divertirsi, far gol! Il disastroso effetto è che il processo educativo ne risulta impoverito. Un mio vecchio mister diceva: “L’allenatore e il giovane hanno molto da dare e da ricevere, sempre che l’adulto sia disposto anche a ricevere, perché se non lo è, finisce per non avere più nulla da dare”.
Io, modestamente, aggiungerei all’allenatore anche la società, i dirigenti e i genitori».