Tantissimi personaggi, anche politici, intercettati: la loro posizione è al vaglio degli inquirenti
Sono sessanta in tutto gli indagati dell’Operazione Impresa. Sono indicati come organizzatori e promotori Antonio Campeggio, Francesco D’Amore (del gruppo che operava a Manduria e San Giorgio Jonico), Giuseppe Buccoliero (referente nel Comune di Sava), Gianpiero e Vito Mazza (sempre per la zona di Manduria). Tra gli episodi contestati spicca la tentata estorsione ai danni dei vincitori (nel 2012) dell’appalto di realizzazione della 272ma “Fiera pessima” di Manduria, ai quali fu chiesta una tangente di 30mila euro, con la giustificazione, da parte di Antonio Campeggio, di dover «accontentare persone di Bari, di Taranto e di Mesagne».
Una parte sostanziosa dell’ordinanza del gip Vergine è dedicata al ruolo dei politici. Il sindaco di Avetrana, Antonio Minò, è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa non per la sua carica istituzionale ma in qualità di presidente dell’Associazione «Avetrana Soccorso» del 118. Secondo l’accusa, avrebbe fornito consapevolmente e volontariamente un contributo importante al rafforzamento del giro di affari del clan. Il sindaco di Erchie Giuseppe Margheriti e l’ex vice sindaco Domenico Margheriti rispondono di corruzione aggravata, per aver ottenuto, a titolo di tangente, - secondo gli investigatori - il pagamento di 80mila euro dietro l’impegno ad agevolare l’assegnazione di futuri appalti di opere pubbliche: in particolare i lavori di completamento delle infrastrutture primarie della zona Pip per un importo complessivo di oltre un milione di euro alla ditta Tecnoscavi srl dell’imprenditore Pasquale Pedone e la realizzazione di un parco eolico in zona Tre Torri Montugne-Cicirella.
All’ex consigliere comunale di Manduria, Nicola Dimonopoli, che si è dimesso pochi giorni fa, è contestato il voto di scambio politico mafioso. Infine, l’ipotesi di corruzione è contestata all’ex assessore comunale di Manduria Massimiliano Raso, il quale si sarebbe interessato, dietro la promessa di pagamento di 1500 euro da parte del legale rappresentante di una società sportiva, per garantire l’affidamento diretto dei lavori di messa a norma della pista di pattinaggio del Centro Sportivo Polivalente di Manduria.
«In questa inchiesta si assiste a una inversione di tendenza - spiega il questore di Taranto, Stanislao Schimera - perché sono i pubblici amministratori a rivolgersi ai mafiosi e chiedere aiuto e voti per poi fare il loro gioco».
Le tre frange mafiose operavano tra Manduria, San Giorgio e Sava, nel versante orientale del Tarantino. Grazie a intestazioni fittizie, secondo l’accusa il clan è riuscito anche a vincere gare d’appalto per il servizio di 118 in diversi comuni, reinvestendo circa 150mila euro di fondi pubblici in bar e ristoranti.
Numerosi, infine, gli episodi di estorsione. Tra queste quella a un cantiere da 10 milioni di euro che lavorava alla rete di acqua potabile per Leporano e Pulsano. Nell’inchiesta sono indagate complessivamente 60 persone. L'operazione di polizia ha impegnato 200 agenti, unità cinofile e un elicottero.