martedì 26 novembre 2024


07/12/2019 12:14:49 - Manduria - Attualità

La processione composta da fanciulle vergini vestite di bianco per implorare la grazia per un congiunto o un amico gravemente ammalato

Si tratta di una cappella ipogea dalla ricca valenza storica e culturale, anche per la presenza di una cripta, in parte sottostante all’odierno palazzo De Raho, all’imbocco di vico Corcioli, che fu, sicuramente, uno dei primi templi cristiani, ubicato probabilmente nel fossato della seconda cinta muraria dell’antica città messapica.

La cappella, sovrastante la cripta, come riferisce il Tarentini fu, in epoche successive, ricostruita: ultima data di riedificazione è il 1698, anno in cui risale un beneficio, “eretto ed annesso” al canonicato della Cattedrale di Oria. In seguito la chiesa della Madonna della Misericordia venne quasi ad essere inglobata durante la costruzione del palazzo gentilizio sovrastante, ad opera dell’antica famiglia Gigli.

Nei pressi di questo edificio di culto, inoltre, doveva esserci, nei primissimi tempi del Cristianesimo, l’Episcopio, del quale riferisce lo storico Gregorio Schiavoni nella sua opera Ricerche sulla fondazione della città di Manduria. In seguito questo antico complesso sarebbe stato distrutto dai Longobardi.

La cappella superiore, nonostante i vari rifacimenti, presenta un portale probabilmente risalente al XV secolo; l’interno, una navata unica di circa 14 metri quadrati, custodiva una tela raffigurante la Pietà ascrivibile, con ogni probabilità, al XVI secolo mentre, in quella sotterranea, “vi si scende per un’angusta scala di ben 30 gradini – come scrive Leonardo Tarentini – terminata la quale si trova primieramente una vasca d’acqua che scorre dagli strati del muro, e poi un antro rotondo di palmi 20 di diametro, sostenuto nel mezzo da una grossa colonna, con un altare…su cui è dipinta la Vergine.

A levante si vede tagliata ad arco Francese una strada larga palmi 6 e lunga 60, in fondo della quale trovasi una cappella, la quale ha di lunghezza palmi 15, e tredici di larghezza e altezza con un altare dedicato alla Vergine ivi dipinta”.  All’epoca in cui scriveva il canonico manduriano, vale a dire nella seconda metà dell’Ottocento, nella cappella con la cripta sottostante vi si svolgeva una particolare forma di devozione

Per implorare la grazia per un congiunto o un amico gravemente ammalato, infatti, dalla casa dell’infermo si snodava una processione composta da fanciulle vergini vestite di bianco, guidate da una donna più anziana. Il corteo, recitando preghiere, accedeva alla cappella e discendeva nel sotterraneo dove, in una vasca ivi esistente, la donna anziana immergeva una canna per misurare l’altezza dell’acqua e, dopo aver guidato le fanciulle ai piedi dell’altare per implorare la grazia, ritornava alla vasca per misurare nuovamente l’altezza dell’acqua. Se questa era aumentata si aveva certezza della grazia ricevuta mentre, in caso contrario, si aveva la grazia maggiore, vale a dire quella dell’anima.

Data la presenza di questa particolare forma di culto non è da escludere che nella cripta sotterranea esistesse una fonte (in dialetto manduriano scegnu) che, al pari del più celebre Fonte Pliniano, aveva la caratteristica del livello costante dell’acqua. Questa suggestiva forma di fede del popolo manduriano, nei primi anni del Novecento, andò scomparendo di pari passo con la progressiva inagibilità della cappella ipogea.

 

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