Nei laboratori della BioFaber, i ricercatori made in Puglia danno vita ad un processo produttivo da cui sintetizzano la cellulosa nano strutturata
Ha usato un esempio semplice, Mariangela Stoppa, la ricercatrice di Ceglie Messapica: “Hai presente quando le nostre mamme rigenerano il lievito? Più o meno il mio lavoro è così.”
E si perché nei laboratori della BioFaber, i ricercatori made in Puglia fanno fermentare funghi e batteri attraverso un processo produttivo che avviene in coltura acquosa arricchita di zuccheri di scarti alimentari, come melasse, sanse, acque di vegetazione delle olive, come materie prime seconde, dalle quali i microorganismi sintetizzeranno la cellulosa nanostrutturata. Biofaber si configura come una realtà dinamica e flessibile che coniuga la tradizionale vocazione imprenditoriale italiana all’innovazione tecnologica e al design bioispirato per sviluppare materiali ecocompatibili. Biofaber nasce dall’unione di più menti creative e da un’intensa collaborazione con l’Università del Salento e l’associazione BioDesArt (vincitrice del concorso Principi Attivi 2012 Giovani Idee per una Puglia Migliore). Il team è composto dal Prof. Antonio Licciulli docente alla Facoltà di Ingegneria con la collaborazione di colleghi indiani (Sanosh Kunjalukkal Padmanabhan e Sudipto Kumar Pal, entrambi chimici), la biotecnologa Rossella Nisi e Concetta Martucci e Pasquale Cretì ricercatori del CNR IMM di Lecce e Carmelo Protopapa chirurgo estetico.
In questo team c’è la co-fondatrice 38enne Mariangela Stoppa che, da alcuni anni, e dopo un Master in Eco-Design ed Eco Innovazione ed un dottorato di ricerca nelle Marche in Architettura e Disegno sperimentale ed un “contatto ravvicinato” con la natura che ha tracciato la strada della ricerca.
“Il periodo del dottorato mi ha permesso di studiare e comprendere quali tecnologie e materiali potevano essere sostenibili – afferma Mariangela. Il processo produttivo della cellulosa batterica, ad esempio, ha un basso impatti ambientale perché riutilizza scarti alimentari e non utilizza sostanze chimiche tossiche.
L’innovativo processo produttivo del biopolimero nanostrutturato è quello di una bio-fabbrica, poiché i microorganismi diventano fabbriche in miniatura in grado di auto-assemblare il polimero utilizzando una bassa intensità di energia e materia ed un alto potenziale rigenerativo. La parola chiave, in tutto ciò, è “rigenerazione”, che oggi vediamo associata in molti ambiti disciplinari dall’agricoltura all’ architettura. Il vecchio che diventa nuovo. Oggi abbiamo aggiunto più consapevolezza a ciò”.
Un medico ci ha creduto e ha finanziato la società nell’ambito del biomedicale e sono “così iniziate le prime collaborazioni con vari ricercatori e imprese, che ci hanno consentito di indagare l’impiego della cellulosa batterica in vari settori: design, moda e biomedicale. Nel settore del biomedicale, la cellulosa batterica si presta come scaffold e bende per la rigenerazione dei tessuti umani.