L’opinione del prof. Mario Del Prete
«Le condizioni ambientali, e in particolare il tasso di umidità, hanno influito sulla contenuta proliferazione del Covid 19 nella provincia di Taranto».
In tanti, nelle ultime settimane, hanno provato ad individuare la ragione che ha “frenato” l’incidenza del Coronavirus sulla popolazione tarantina. I tarantini sono stati virtuosi nel rispettare le prescrizioni? Sicuramente, ma per il prof. Mario Del Prete, già docente di Geologia presso l’Università della Basilicata, potrebbe aver inciso un altro fattore.
«Perché nelle fasce costiere pugliesi, e in particolare nella provincia di Taranto, i contagi Covid19 sono stati nettamente inferiori rispetto alle pianure interne, come ad esempio quella Padana? Non può dare risposte la maggior parte degli esperti, studiosi e scienziati, giustamente mobilitati per fronteggiare la pandemia» secondo il prof. Del Prete. «Sono infatti virologi, infettivologi, immunologi, clinici, rianimatori, con solide conoscenze in campo medico e microbiologico, ma limitata possibilità di approfondimento dell’ambiente fisico che ha verosimilmente influito sulla proliferazione del virus. Pertanto è rimasta piuttosto generica e poco approfondita l’affermazione secondo la quale il virus, essendo in qualche modo di tipo influenzale, avrebbe un rallentamento in estate e una forte recrudescenza in autunno-inverno.
Invece proprio questo dovrebbe indurre a pensare quanto sia importante esaminare e conoscere le caratteristiche ambientali delle zone infette, per poi identificare quali siano stati i parametri fisici maggiormente influenti. Ritengo che lo sviluppo dei contagi possa essere infatti correlato ad alcune particolari condizioni ambientali. Più che le temperature, sembra rilevante il connesso tasso di umidità, ovvero la quantità di vapore acqueo presente nell’atmosfera, detta anche umidità relativa.
In particolare si nota che, specie nell’autunno-inverno, i tassi di umidità più alti si hanno nelle zone pianeggianti e collinari e in particolare in Lombardia, in Piemonte, in Emilia Romagna e, per esempio, nel meridione in provincia di Reggio Calabria. La fascia adriatica, l’intera Puglia e le aree insulari presentano al contrario bassi e medi valori di umidità relativa.
Questo importante dato non è sufficientemente dirimente perché va correlato al cosiddetto indice di qualità dell’aria che viene fornito quotidianamente da un apposito sito internazionale secondo una scaletta da buona a pessima. Le zone di pianura poco ventilate e industrializzate (a differenza di Taranto) hanno gli indici peggiori. Ancora una volta in Lombardia , Piemonte, Emilia Romagna e Veneto si registrano i dati più allarmanti. Le zone costiere più ventilate (come la nostra) hanno invece indici da discreti a buoni. Se si sovrappongono le mappe dei descritti parametri ambientali con le aree di maggior contagio si ha la conferma dell’influenza di questi due importanti indici.
Questa mia riflessione può considerarsi un buon riferimento per il futuro, se convalidata a livelli geografici più estesi».