«Ai malati gravi della provincia di Taranto sia garantita la stessa assistenza fornita a quelli della provincia di Lecce o dell’Umbria. Non ci devono essere malati di serie A e malati di serie Z…»
«Mio marito usufruiva di una sola ora al giorno di assistenza domiciliare. Ma ora mi è stato comunicato che i soldi sono finiti e che tale servizio potrà essere garantito al massimo sino al 15 ottobre. Poi dovrei compartecipare alle spese, versando 3,70 euro per ogni ora…».
E’ lo sfogo di Rosanna, moglie di Piero Pizzi. Da oltre 10 anni suo marito è immobile nel letto: la SLA ha neutralizzato ogni suo muscolo.
«Piero è un malato gravissimo: ha bisogno di assistenza continua e non può rimanere mai solo» rimarca la moglie Rosanna. «Anche per l’igiene personale c’è bisogno dell’intervento di almeno due persone. Invece di supportare e, possibilmente, migliorare il livello di assistenza a tutte le famiglie che sono alle prese con questi casi, i servizi vengono sempre più tagliati e, come mi è stato comunicato nei giorni scorsi, laddove dovessero restare attivi, i familiari, provati sia fisicamente che psicologicamente da tanti anni di malattia, sono anche “invitati” a compartecipare al costo.
Alle famiglie, insomma, arriva … l’elemosina. Mi chiedo: ma se un malato gravissimo dovesse essere ricoverato in una struttura di lungodegenza, come peraltro è naturale che sia, quanto costerebbe al giorno alla Regione o allo Stato? Trecento o quattrocento euro? Perché, allora, non assicurare alle famiglie, soprattutto a quelle con reddito bassissimo, almeno una parte di quei soldi che comunque sarebbero necessari per il ricovero?».
L’appello di Rosanna è stato immediatamente raccolto dal nuovo sindaco Gregorio Pecoraro e dalla sua Amministrazione. L’ora di assistenza proseguirà sino a fine ottobre, sempre con la stessa operatrice, e, nel frattempo, Comune e Ambito Sociale cercheranno di varare altri progetti.
Rosanna, poi, lamenta una disparità di trattamento garantito in casi simili fra province della stessa Puglia o fra regioni.
«Ho una conoscente, in provincia di Lecce, cui vengono garantite, ogni giorno, 8 ore di un assistente socio sanitario e un’ora di un infermiere. Per non parlare delle disparità fra la Puglia e le altre regioni italiane. In Umbria, ad esempio, per i casi gravissimi viene riconosciuta un’assistenza diretta di 36 ore settimanali di un infermiere e 56 ore dell’operatore socio sanitario. Ma l’Umbria» si chiede Rosanna, «fa parte di un’altra nazione? E la provincia di Taranto fa parte di un’altra regione?
Come è possibile che possano esserci malati di serie A e malati di serie Z? Come è possibile che ci sia tanta insensibilità verso queste situazioni straordinarie?».
La famiglia di Rosanna non possiede altri redditi, se non la pensione di cui gode il marito Piero e l’assegno di cura che arriva a singhiozzo.
«Due terzi della pensione va via solo per l’affitto» rimarca Rosanna. «L’assegno di cura, poi, viene erogato con grande ritardo: le prime quattro mensilità del 2020 sono state erogate a luglio. Non posso permettermi, insomma, neppure di assumere privatamente una persona in grado di aiutarmi».
L’appello di Rosanna è indirizzato sia a colui (o colei) cui verrà affidata la carica di assessore regionale al Welfar, sia al nuovo sindaco di Manduria, Gregorio Pecoraro, cui spetta la carica di presidente dell’Ambito Sociale di Zona.
«Mi aspetto concreti segnali di aiuto alle fasce più deboli».