Se fosse stato vittima di una delle sfide mortali che girano tra i giovani sui social?
La morte di Michele Dinoi non può rimanere senza un colpevole: il quale sicuramente c’è, come risulta dalla stessa autopsia. Pertanto la madre del giovane, trovato con la testa infilata tra le sbarre della ringhiera di casa e morto nel 2018, dopo sei mesi di coma, si oppone all’archiviazione e chiede di proseguire le indagini.
Qualcuno sa, anzi, forse persino molto più di qualcuno, ma nessuno di questi è mai stato sentito dagli inquirenti. Perché? Eppure stando a messaggi e intercettazioni pare che Michele avesse un debito con un tale, che dopo il ritrovamento del ragazzo si sarebbe allontanato dalla città.
«Dove si trovava quel giorno? E nei giorni successivi? Perché nessuno lo ha mai sentito?» si interroga l’avvocato Francesco Miraglia, al quale la madre di Michele si è rivolta per ottenere giustizia per il proprio figlio. «Le indagini non sono state condotte in maniera approfondita eppure, guardando i referti, noi qualcosa che merita di essere approfondita l’abbiamo trovata, prima tra tutte la recente iscrizione di Michele ad un gioco su un canale social. Apparentemente innocuo, ma chi può dirlo se nessuno si è mai preso la briga di verificare? Sarebbe possibile che Michele sia stato vittima di una di quelle sfide mortali, purtroppo assai in voga tra i giovani, che circolano tramite social media. Se quella dell’asfissia fosse stata la prova di ingresso di un subdolo e violento gioco?
Queste sono le domande che poniamo al Pubblico ministero richiedendo, su autorizzazione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, l’integrazione delle indagini rivolte ad esaminare questi messaggi audio, i file, il gioco e i soggetti coinvolti».
Fermo restando che potrebbe trattarsi di omicidio: un nome spunta da più parti, per un debito che Michele avrebbe avuto con lui. È venuto il tempo di interrogare costui: Michele è morto a soli 18 anni, con tutta la vita davanti, e merita di avere giustizia.