Un focolaio con 13 persone a Lecce, tre casi a Nardò. E a Bari rilevata anche una variante simile alla nigeriana
C’è un focolaio di variante indiana nel Salento. Dopo i due casi confermati nella serata di martedì, ieri il laboratorio del Policlinico di Bari ha stabilito che altre tre persone hanno contratto lo stesso tipo di Covid: e seppure le due situazioni non siano tra loro collegate, è ipotizzabile che possa esserci stato l’avvio della catena di trasmissione del virus. Tanto che in totale i casi sono saliti a 15, di cui 13 a Lecce città e due (ma forse tre) a Nardò.
L’indiana è la più recente variante del coronavirus scoperta in tutto il mondo. È molto temuta perché, tra l’altro, si teme che possa in qualche modo resistere agli anticorpi indotti dal vaccino, e dunque possa colpire anche chi si è già vaccinato. Sul punto non ci sono ancora certezze scientifiche ma solo evidenze empiriche.
La Asl di Lecce sta lavorando sul tracciamento dei contatti, particolarmente complicato quando si tratta di immigrati che tendono a non avere un domicilio stabile. Ma alla fine è emerso che il «cluster» di Lecce città è salito a 13 casi perché ci sono 10 loro contatti stretti risultati positivi. Mentre a Nardò è positivo anche il figlio convivente della coppia con variante indiana: non c’è la certezza delle analisi, ma è molto probabile che anche lui sia stato contagiato dallo stesso ceppo.
Nel frattempo il laboratorio di Epidemiologia molecolare del Policlinico di Bari (diretto dalla prof. Maria Chironna) ha isolato una nuova variante «simil-nigeriana»: appartiene alla stessa famiglia della nigeriana ma ha più mutazioni nella proteina spike e in altre porzioni del virus.
Il contagio è stato rilevato in una persona di meno di trent’anni, straniera, ricoverata la scorsa settimana al San Paolo con polmonite bilaterale e dimesso la settimana scorsa.