Secondo i giudici il provvedimento non è legittimo per assenza di pericolo imminente
La quarta Sezione del Consiglio di Stato ha accolto gli appelli di Arcelor Mittal spa e di Ilva spa in amministrazione straordinaria ed ha annullato l’ordinanza del febbraio 2020 con la quale il sindaco di Taranto Melucci aveva ordinato di individuare gli impianti interessati da emissioni inquinanti e di rimuoverne le eventuali criticità: qualora ciò non fosse avvenuto di procedere alla «sospensione/fermata» delle attività dello stabilimento. L’ordinanza era stata emessa, nell’esercizio dei poteri di necessità e urgenza del Sindaco a tutela della salute della cittadinanza, a seguito di episodi di emissioni di fumi e gas verificatisi nell’agosto 2019 e nel febbraio 2020 e delle successive verifiche ambientali e sanitarie.
Il Tar della Puglia, sezione staccata di Lecce, pronunciandosi in primo grado sul ricorso delle due società, lo aveva respinto. I giudici del Consiglio di Stato, in particolare, non hanno condiviso la tesi principale delle società appellanti, secondo cui deve escludersi ogni spazio di intervento del Sindaco in quanto i rimedi predisposti dall’ordinamento, nell’ambito dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) che assiste l’attività svolta nello stabilimento, sarebbero idonei a far fronte a qualunque possibile inconveniente. Tuttavia, hanno ritenuto che quel complesso di rimedi (compresi i poteri d’urgenza già attribuiti al Comune dal T.U. sanitario del 1934, i rimedi connessi all’AIA che prevedono l’intervento del Ministero della transizione ecologica e le norme speciali adottate per l’Ilva dal 2012 in poi) sia tale da limitare il potere di ordinanza del Sindaco, già per sua natura «residuale», alle sole situazioni eccezionali in cui sia comprovata l’inadeguatezza di quei rimedi a fronteggiare particolari e imminenti situazioni di pericolo per la salute pubblica.