I social sono uno strumento di comunicazione ormai insostituibile, ma sono anche un veicolo di pericolose tendenze
Una rischiosissima è quella del “Soffocarsi fino a svenire” o come la chiamano su Tik Tok, dove ormai non conosce sosta, la sfida del blackout. Tra le prime vittime un 12enne statunitense di Denver: finito in ospedale con lesioni cerebrali.
Venendo alle nostre cronache è di gennaio scorso la notizia della bambina di Palermo morta a soli 10 anni che avrebbe preso parte a questa “sfida”. Pochi giorni dopo, a febbraio, sorte analoga è toccata ad un 14enne di Saskatoon in Canada.
Il sistema è tanto semplice quanto pericoloso: basta una cintura, la si serra attorno al collo e si stringe fino a perdere i sensi. Ovviamente la serie di tragedie ha comportato l’intervento del Garante privacy italiano sul social network, luogo virtuale attraverso il quale la macabra sfida stava prendendo sempre più piede. Chiaramente non può essere sufficiente il giusto e tempestivo provvedimento dell’autority poiché il controllo sulla rete affinché s’interrompa questa catena, non è semplice per non dire impossibile, per la miriade d’incontrollabili interazioni che avvengono ogni momento. Proprio per tali ragioni sono state altre istituzioni a cercare di metter un freno.