L’utente tipo è di sesso maschile (91%) con una prevalenza del fenomeno nella fascia d’età che va dai 20 ai 54 anni, mentre nei soggetti di sesso femminile il disturbo compare e va via via sempre crescendo a partire dai 30 anni in poi
È un business da 88,38 miliardi di euro annui con un guadagno per lo Stato di 7,24 miliardi di euro. Stiamo parlando del giro di affari da gioco legale – quello disciplinato dai Monopoli di Stato – le cui entrate provengono dal “gioco a distanza” per il 55,70% e dal “gioco fisico” per il 44,30%. Sono alcuni dei numeri citati dal “Libro blu 2020” dell’Agenzia dei Monopoli. Il fenomeno ha registrato una crescita di quasi 5 miliardi di raccolta all’anno dal 2016 mostrando un drastico arresto solo nel 2020 grazie al COVID che nei cinque mesi di più acuta emergenza sanitaria ha imposto anche la chiusura dei punti gioco sul territorio con un decremento complessivo (gioco fisico e gioco a distanza) del 20,05%. Questa cifra, però, è al lordo del sostanziale incremento del gioco virtuale che nel 2020 è aumentato del 35,25%.
Questi i dati di contabilità pubblica, che spiegano in parte il gioco legale, non includono quelli del gioco illegale e non raccontano l’altra faccia della medaglia: la dipendenza patologica da gioco, sia legale che illegale.
Per la Puglia il fenomeno corrisponde a quasi 900 cittadini seguiti annualmente dai Servizi per le Dipendenze Patologiche dal 2016 al 2019, con un crollo degli utenti a meno di 700 annui per gli anni 2020/2021: la riduzione della frequenza da gioco già raccontata dai numeri dei Monopoli di Stato e la limitazione di accesso fisico alle strutture sanitarie durante i mesi più duri dell’emergenza COVID possono spiegare parte del calo ma non rassicurano affatto sulla flessione epidemiologica del fenomeno che rimane una criticità sociale oltre che assistenziale. E il fatto che fino a tutto il 2021 il numero degli utenti già seguiti dai servizi si sia mantenuto costante a circa 500 soggetti mentre si è dimezzato a circa 200 il numero dei nuovi utenti annui per il 2020/2021 confermerebbe il sospetto che il COVID abbia nascosto in parte i bisogni emergenti per le “altre malattie” (le nuove diagnosi) come ha già fatto per patologiche croniche e oncologiche.
Stando ai dati provenienti dalle ASL della Regione Puglia l’utente tipo è di sesso maschile (91%) con una prevalenza del fenomeno nella fascia d’età che va dai 20 ai 54 anni, mentre nei soggetti di sesso femminile il disturbo compare e va via via sempre crescendo a partire dai 30 anni in poi.
Più del 50% di tutti gli utenti pugliesi è in carico alle ASL di Bari e Taranto, senza che questo significhi necessariamente una più alta prevalenza epidemiologica. Il numero degli utenti seguiti può infatti dipendere da tanti fattori: più facile e visibile accesso ai servizi sanitari, maggiore propensione di alcuni contesti familiari e sociali a riconoscere e segnalare il disturbo, più collaudata esperienza dei servizi sanitari a individuare precocemente il disagio.