Il consulente medico legale, nominato dal Tribunale di Taranto, nella sua relazione evidenziava che l'intervento praticato sul paziente fosse “del tutto differente e soprattutto assai più invasivo” rispetto a quello programmato con il consenso del paziente
Tetraparesi agli arti inferiori e sconvolgimento totale della vita sua e di quelle dei suoi familiari a causa di un imperito intervento di ernia discale: questa è la triste vicenda di un uomo di Oria che, all’epoca dei fatti, aveva solo 48 anni. Il Tribunale di Taranto, pertanto, ha condannato l’Asl competente a risarcire tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali patiti in prima persona dall’uomo e i cosiddetti danni riflessi sofferti dalla moglie e dal figlio sempre in conseguenza delle macrolesioni riportate dal congiunto a causa dell’intervento chirurgico.
La famiglia del 48enne, per fare chiarezza sull’accaduto ed ottenere giustizia, si è rivolta a Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in casi di malasanità con sedi in tutta Italia, che li ha assistiti durante tutto l’iter giudiziario.
Sin dal 2003 la vittima dell’errore medico soffriva di lombosciatalgia causata da un’ernia discale espulsa che, a sua volta, aveva provocato una compressione dei nervi che attraversano la spina dorsale. Per risolvere tale patologia, l’uomo, il 19 novembre 2009, veniva ricoverato presso il presidio ospedaliero SS. Annunziata di Taranto e veniva sottoposto ad un intervento di “microdiscetomia L4-L5 sinistra”, ovvero all’asportazione dell’ernia discale.
Al risveglio dall’anestesia, il paziente, che prima dell’intervento provava solo un dolore alla gamba sinistra, avvertiva invece un forte dolore ad entrambe le gambe, non riuscendo inoltre a muoverle. Successivamente, è stato accertato che questi sintomi derivavano dalla grave lesione al nervo sciatico popliteo, riportata nel corso dell’intervento.
Il consulente medico legale, nominato dal Tribunale di Taranto, nella sua relazione evidenziava che l'intervento praticato sul paziente fosse “del tutto differente e soprattutto assai più invasivo” rispetto a quello programmato con il consenso del paziente.
Il c.t.u., poi, non ha alcun dubbio circa “lo strettissimo legame causale tra l’atto chirurgico (sproporzionato, per entità, rispetto all’indicazione primitiva) e le menomazioni presentate dal paziente nell’immediato post-operatorio e persistite nel tempo, sì da imporre il ricorso ad un lungo e complesso trattamento riabilitativo con esisto favorevole solo parziale”.
In seguito a quell’intervento, infatti, un’intera famiglia ne è uscita devastata: ad oggi, infatti, l’uomo ha perso quasi totalmente l’uso delle gambe e necessita di ausili per la deambulazione, riuscendo in ogni caso a spostarsi solo per pochi metri e con molta difficoltà; è stato costretto ad abbandonare le sue più grandi passioni, ovvero la caccia e la pesca, che praticava frequentemente con gli amici; in generale, a causa dello stato in cui si trova, ha perso la voglia di socializzare e di uscire. Questa situazione, ovviamente, si è riverberata anche sulla moglie e il figlio, distrutti dal dolore nel vedere, il proprio marito e padre, radicalmente trasformato e sofferente.
“L’errato intervento chirurgico ha irrimediabilmente compromesso, a soli 48 anni, lo stato di salute e l’autonomia motoria del nostro assistito” spiega Giuseppe Vacca della sede Giesse di Francavilla Fontana. “Dal momento che non è stato possibile raggiungere un accordo con l’Asl di Taranto e la sua compagnia di assicurazione, con i nostri legali fiduciari abbiamo doverosamente intrapreso una causa civile per ottenere l’integrale risarcimento dei danni. Solo in corso di causa, la compagnia si è finalmente decisa a formulare una proposta transattiva, anche se, oggettivamente, di importo irrisorio, tenuto conto della gravità delle conseguenze che sono discese da questo intervento mal eseguito. Abbiamo, ovviamente, rifiutato tale offerta e, con grande determinazione, abbiamo proseguito fino in fondo, attendendo la sentenza che ha dato completamente ragione alle nostre tesi, riconoscendo un risarcimento ben quattro volte superiore rispetto a quanto offerto dall’assicurazione! Quello della responsabilità civile sanitaria è un settore molto complesso” conclude Giuseppe Vacca “affidarsi a professionisti altamente qualificati ci ha permesso, ancora una volta, di ottenere giustizia e di essere orgogliosi per l’importante risultato raggiunto».