«Ai pugliesi che fanno domanda vengono erogate massimo 2.000 euro se persone fisiche e 5.000 se imprese… Si tratta di situazioni tragiche conclamate e quindi ammesse non a un fondo, ma a un prestito che va restituito»
«Più di 300 pratiche istruite in 14 anni (dal 2007 al 2021) è evidente il “Fondo regionale antiracket e usura” istituito da una legge regionale (la n. 25) del 2015 non funziona. Tenuto conto che – come è stato evidenziato dal dirigente della Sezione Sicurezza del Cittadino, Politiche per le Migrazioni e Antimafia sociale, Antonio Tommasi, in audizione oggi nella commissione Antimafia da me presieduta – le Fondazione antiusura hanno riferito che la pandemia ha provocato una maggiore povertà delle famiglie e una più grave crisi delle imprese in Puglia e, quindi, una crescita delle domande, con contemporanea crescita anche di coloro che non restituiscono la cifra erogata».
Questo un passaggio del consigliere regionale Renato Perrini in una nota.
«E mi chiedo: non è forse proprio qui tutto il problema? Ai pugliesi che fanno domanda vengono erogate massimo 2.000 euro se persone fisiche e 5.000 se imprese… Si tratta di situazioni tragiche conclamate e quindi ammesse non a un fondo, ma a un prestito che va restituito – senza interessi – in 60 mesi. Francamente, per una famiglia che si trova in una situazione di povertà e che è ricorsa agli usurai, avere dalla Regione 2.000 euro che deve pure restituire mi sembra un modo per non far funzionare la legge.
Per questo motivo sto verificando con gli uffici legali del Consiglio regionale la possibilità di modificare la normativa e rendere la somma erogata a fondo perduto».