Il sodalizio avrebbe “riconvertito il cimitero di Sava nella base operativa logistica del gruppo, dove al sicuro da occhi indiscreti, sarebbero avvenuti gli incontri con i fornitori, con i pusher”. “In quel luogo, sarebbero avvenuti, poi, i conteggi dei proventi dell’attività di spaccio, la suddivisione degli utili e in alcune occasioni anche il taglio dello stupefacente”
Alle prime ore del 27 marzo, i Carabinieri del Comando Provinciale di Taranto, con l’ausilio dei Nuclei Cinofili di Modugno e Tito, delle Aliquote di Pronto Intervento di Brindisi, dello Squadrone Carabinieri Eliportato “Cacciatori Puglia”, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Lecce, su richiesta della locale Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di 19 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo e ricettazione, nei comuni di Sava e Torricella.
L’indagine, coordinata della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, è stata condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Taranto, con sistemi tradizionali, come servizi di osservazione e pedinamento, e mediante sofisticate attività tecniche.
Così come anche indicato nell’ordinanza del Gip, lo stupefacente sarebbe provenuto dal territorio di Francavilla Fontana, da “soggetti evidentemente ben inseriti nel settore dei narcotici”. Il canale dello spaccio sarebbe terminato, poi, nelle piazze savesi, grazie ad un nutrito gruppo di pusher.
Le indagini, concentratesi nella parte iniziale su di uno degli indagati, il quale, come affermato nell’ordinanza, “dopo un lungo periodo di detenzione, riacquistata la libertà, forte del suo carisma criminale, aveva sin da subito ripreso le redini delle attività criminose del suo territorio”, grazie al “suo elevato e riconosciuto spessore criminale” ed avrebbe iniziato ad “imporre le sue regole”. In particolare, lo stesso avrebbe costretto altri gruppi criminali presenti sul territorio sud-orientale della provincia di Taranto al “fermo”, non permettendo agli stessi di poter gestire alcun traffico criminale, legato allo spaccio di droghe, se non sotto il suo diretto controllo.
Il sodalizio avrebbe “riconvertito il cimitero di Sava nella base operativa logistica del gruppo, dove al sicuro da occhi indiscreti, sarebbero avvenuti gli incontri con i fornitori, con i pusher”. “In quel luogo, sarebbero avvenuti, poi, i conteggi dei proventi dell’attività di spaccio, la suddivisione degli utili e in alcune occasioni anche il taglio dello stupefacente”.
Due degli indagati avrebbero, addirittura, occultato armi illegalmente detenute, all’interno di un loculo vuoto, di proprietà di una ignara famiglia savese, all’interno del quale gli investigatori, durante le indagini, hanno rinvenuto 3 fucili, di cui uno a pompa, e vario munizionamento, anche per pistole, che da successivi accertamenti sono risultati rubati. Come si desume dall’ordinanza, “uno degli aspetti più allarmanti, verificatisi nel corso delle indagini, è di sicuro la disponibilità di armi (pistole e fucili) da parte degli indagati, che avrebbero più volte anche portato in pubblico le stesse”. Gli indagati sarebbero stati in possesso anche di giubbotti antiproiettile.
Gli indagati e gli assuntori di droghe avrebbero continuato imperterriti nelle loro attività illecite anche durante l’emergenza sanitaria da “Covid-19” e nonostante i periodi di “lockdown”.
Questa notte, nel corso delle perquisizioni, presso l’abitazione di uno degli indagati è stato rinvenuto e sequestrato un fucile a canne mozze con matricola abrasa, munizionamento vario, alcune “cipollette” di sostanze stupefacenti del tipo verosimilmente cocaina e hashish, nonché un paio di manette.
È importante sottolineare che l’eventuale responsabilità degli indagati dovrà essere accertata con sentenza definitiva, valendo, fino ad allora, la presunzione di innocenza.