La trappola scatta dopo, quando si decide di richiamare: si viene reindirizzati verso un numero telefonico a pagamento, cui spesso non risponde nessuno o risponde una voce preregistrata che ha l’unico scopo di fare passare il tempo. Più ne passa, più i cybercriminali guadagnano, perché la wangiri può arrivare a costare anche 1,5 euro al secondo
Ritorna la wangiri, la truffa telefonica dello squillo senza risposta.
Nota anche come ping call (letteralmente “chiamata di rimbalzo”, usando un noto termine informatico), si chiama così perché deriverebbe da un’espressione giapponese che starebbe a indicare l’azione di fare uno squillo e riattaccare.
Spesso viene anche ripetuta nel tempo: più chiamate da uno squillo nell’arco di poche decine di minuti, di solito da numeri con prefisso internazionale, come Cuba (il numero inizia con +53), Gran Bretagna (+44), Kosovo (+383), Moldavia (+373) oppure Tunisia (+216).
La trappola scatta dopo, quando si decide di richiamare: si viene reindirizzati verso un numero telefonico a pagamento, cui spesso non risponde nessuno o risponde una voce preregistrata che ha l’unico scopo di fare passare il tempo. Più ne passa, più i cybercriminali guadagnano, perché la wangiri può arrivare a costare anche 1,5 euro al secondo.
Altre versioni più elaborate prevedono l’attivazione di qualche abbonamento a pagamento con la telefonata di richiamo oppure l’invio alla potenziale vittima di messaggi di richiesta di aiuto (per un figlio, un nipote, un parente in difficoltà) con l’indicazione di un numero telefonico da contattare.
Come difendersi dalla wangiri
Non si deve richiamare un numero che non si conosce o che non si ha in rubrica, a maggior ragione se la telefonata arriva dall’estero. Mai e in nessun caso.