Nel calendario contadino tradizionale, la Pasqua era un giorno di marca, ossia uno di quei giorni che consentivano alle comunità rurali di trarre presagi meteorologici: «Ci uèi na bbona annata, Natali assuttu e Pasca mmuddata»
Festa di primavera per eccellenza, la Pasqua è una festa mobile, la cui celebrazione è fissata ogni anno dopo la prima luna piena successiva all’equinozio di primavera.
Nel calendario contadino tradizionale, la Pasqua era un giorno di marca, ossia uno di quei giorni che consentivano alle comunità rurali di trarre presagi meteorologici leggendo e interpretando determinati fenomeni naturali. Tutto ciò era finalizzato all’ottenimento di un buon raccolto, condizione indispensabile per la sopravvivenza; alcuni modi di dire, riferiti alla Pasqua, ne sono esplicita testimonianza: «Pasca marzòtica, o murtalitati o famòtica» (se la Pasqua cade di Marzo, sarà un’annata di morte o di carestia); «Ci uèi na bbona annata, Natali assuttu e Pasca mmuddata» (se vuoi una buona annata — in termini di raccolto — il tempo a Natale deve essere buono, piovoso a Pasqua).
Adesso che tutto è davvero compiuto e il suono del Gloria ha risucchiato il silenzio luttuoso dei giorni precedenti, spargendo note di vita in tutto il mondo cristiano, nelle chiese trionfa la statua di Cristo Risorto che annuncia a tutti i fedeli la gioia della Resurrezione.
A dire il vero, la produzione artistica (pittorica e scultorea) riguardante la Resurrezione è meno numerosa rispetto ad altri episodi della vita di Cristo. Questo perché nel racconto evangelico viene descritto il prima e il dopo della Resurrezione, ma non il momento del miracolo vero e proprio: da qui una certa varietà iconografica con cui l’evento è stato reso artisticamente nel corso dei secoli.
In foto, la statua di ‘Cristo Risorto’ presente nella cappella della Madonna del Rosario di Uggiano Montefusco (frazione di Manduria). Il simulacro di Cristo, opera del maestro cartapestaio leccese Salvatore Bruno (1893-1987) che la realizzò nel 1920, si presenta in piedi su una nuvola, avvolto in un ampio mantello rosso, impreziosito da un bordo dorato, con un panneggio che conferisce dinamismo e plasticità all’intera figura. Seguendo l’iconografia tradizionale, la mano destra è benedicente, mentre la sinistra regge il vessillo della vittoria, costituito da un’asta sormontata da una piccola bandiera di forma triangolare, provvista di croce dorata al centro. L’aureola è di forma semplice, in metallo. Un elemento originale, che non trova ampio riscontro iconografico, è lo sguardo del Cristo: esso appare insolitamente abbassato, non frontale rispetto all’osservatore, né proteso verso il Padre celeste, ma come a guardare dall’alto il popolo dei fedeli, quasi a rassicurarlo della avvenuta vittoria sulla morte, seppur a prezzo della Croce.