«Non abbiamo bisogno solo di norme, di pacchetti sicurezza, di braccialetti rossi: abbiamo bisogno di investire in centri d’ascolto per donne e uomini, in progetti di educazione alle relazioni, alla gestione delle emozioni e delle frustrazioni; abbiamo bisogno che i centri antiviolenza vengano potenziati e che i consultori familiari non vengano chiusi»
«Mentre tutta l’Italia piange per il brutale assassinio di Giulia, un’altra donna è stata strangolata da suo marito, un’altra è stata sfregiata con l’acido dal suo ex compagno. Mentre nelle scuole, nelle università e in molte piazze migliaia di ragazze e ragazzi, invece di fare un minuto di silenzio, hanno scelto di fare rumore per farsi ascoltare e dire adesso basta, in poche ore si è passati da 105 a 107 donne assassinate nell’anno che sta per finire.
Che cosa stiamo aspettando? La prossima vittima? il prossimo carnefice? La prossima storia d’amore criminale da raccontare e in alcuni casi da spettacolarizzare sui mezzi d’informazione?
Ogni anno contiamo il numero degli stupri e quello delle vittime, ogni anno ci ripetiamo che il cammino da fare è ancora lungo, che serve una maggiore consapevolezza, che ogni caso è diverso dall’altro, che abbiamo bisogno di capire, che siamo di fronte a un’emergenza, quando invece si tratta di un fenomeno strutturale di questa società, che le donne non denunciano abbastanza, che i femminicidi hanno radici profonde nei disvalori di una società patriarcale che secondo molti appartiene al passato e di cui, che ci piaccia o no, siamo tutti figlie e figli. Ogni anno succede questo e sembra che nulla sia cambiato.
Se non vogliamo ritrovarci il prossimo anno a contare le vittime in più, i carnefici in più, diciamo a tutta la classe politica di questo Paese che non abbiamo bisogno solo di norme, di pacchetti sicurezza, di braccialetti rossi e che non basta avere la testa sulle spalle e lo sguardo dritto, come ci ha ricordato la presidente del Consiglio Meloni, per non incappare nel lupo che si nasconde dietro l’angolo, come prima di lei aveva sostenuto il suo ex compagno Gian Bruno e che lei aveva difeso.
Abbiamo bisogno di investire in centri d’ascolto per donne e uomini, in progetti di educazione alle relazioni, alla gestione delle emozioni e delle frustrazioni; abbiamo bisogno che i centri antiviolenza vengano potenziati e che i consultori familiari non vengano chiusi perché sono un presidio prezioso per sostenere le famiglie in difficoltà nel loro ruolo genitoriale e non solo.
Abbiamo bisogno insieme di scrollarci di dosso secoli di storia in cui la morale è stata caricata solo sulle spalle delle donne e in questo anche Papa Francesco potrebbe darci una mano, perché, ancora oggi, quando una donna osa rompere gli schemi, qualunque schema, non è considerato normale: la donna continua ad essere etichettata come una donna di facili costumi, svergognata e spudorata, continua ad essere considerata non una brava madre, non una brava moglie, non una brava figlia. Noi siamo stanche di essere considerate tutto questo e di non essere mai abbastanza e voi? Voi maschi di cosa siete stanchi? Chiedetevelo,cosa state aspettando?
Dopo il brutale assassinio di Giulia si fa un gran parlare sul fatto che non viviamo più in una società patriarcale e che non esiste più il padre padrone e che la responsabilità è solo individuale e non esiste una responsabilità collettiva. Può essere che le ragioni di questa mattanza vadano ricercate anche altrove, ma quello che non si dice abbastanza è che le donne a quella società si sono ribellate conquistandosi da sole e a caro prezzo spazi di libertà che i loro padri e i loro mariti non avrebbero mai concesso e che ancora oggi fanno fatica ad accettare. E secondo me non si dice abbastanza che di quei disvalori la nostra società è ancora impregnata e condizionano le relazioni non solo affettive tra un uomo e una donna ma in generale tutte le relazioni e in tutti gli ambiti in cui ci troviamo ad operare.
E’ vero, siamo tutti figlie e figli di quella storia, ma con una differenza e la differenza sta nel fatto che le donne sono le vittime e gli uomini sono i carnefici, dalla molestia allo stupro al femminicidio. Ma è bene sottolineare un’altra importante differenza: le donne hanno preso coraggio e a partire dagli anni Sessanta hanno cominciato un lungo cammino di cambiamento lottando per i loro diritti, per essere riconosciute proprio in quanto donne e per non farsi portare via gli spazi di libertà che si sono faticosamente conquistati.
E i maschi? Cos’hanno fatto? A mio modesto parere hanno semplicemente continuato, tutti, a godere dei privilegi che quella cultura, basata sul potere maschile, attribuiva loro per il semplice fatto di essere maschi. E allora mi chiedo e vi chiedo: cosa stiamo aspettando? Il cammino per noi è ancora lungo e voi? Chiedetevi perché fate fatica a rinunciare a quei privilegi che vi investe di un potere che spesso neanche voi riuscite a gestire e che può fare di voi uno stalker, uno stupratore e che può arrivare ad armare la vostra mano e a uccidere la donna che dite di amare, facendo di voi degli assassini.
Credo che sia importante che voi maschi ve lo chiediate.
“NON UNA DI MENO” non è solo uno slogan, è un movimento che ogni anno porta nelle piazze migliaia di persone, soprattutto donne, ma per fortuna da qualche anno, anche molti uomini. A questi uomini e a tanti altri disposti a interrogarsi su quella cultura di cui si sono nutriti e che hanno capito che i disvalori della cultura patriarcale danneggiano non solo le donne ma anche gli uomini, facendoli vergognare di essere maschi. A questi uomini vorrei rivolgere una sollecitazione: adesso tocca a voi trovare il coraggio di iniziare un cammino di cambiamento per destrutturare questo modello di maschilismo che ancora oggi considera voi il sesso forte e noi il sesso debole da proteggere e tutelare come se la donna fosse una vostra proprietà .
Vale la pena ripeterlo, noi con grande coraggio e pagando un costo elevatissimo, abbiamo cominciato a farlo e non smetteremo fino a quando nessuna donna verrà denigrata, sottovalutata, sminuita, molestata, sfregiata, violentata, uccisa.
Avete PAURA del cambiamento? Anche noi abbiamo avuto paura del cambiamento e ogni giorno cerchiamo di superare la paura di denunciare, di non essere credute, di non essere ascoltate,di non essere considerate, oltre alla paura di uscire da sole, di essere molestate, violentate e uccise.
Fate fatica ad accettarlo? Chiedete aiuto, non abbiate timore, diventerete maschi migliori, compagni migliori, padri migliori, mariti migliori, figli migliori e sarete da esempio per i vostri figli, per i vostri fratelli, per i vostri amici, per i vostri colleghi di lavoro e noi a differenza di voi saremo al vostro fianco.
Adesso tocca a voi gridare il bisogno di cambiare se è vero che desiderate guardarvi allo specchio senza vergognarvi di appartenere al sesso maschile.
Adesso tocca a voi scendere nelle piazze al fianco delle donne con un doppio cartello“ NON UNA DI MENO/ NON UNO DI PIU’”
Adesso tocca a voi fare rumore e avere il coraggio di gridare:” MAMMA, SE IL PROSSIMO SARO’ IO, VOGLIO ESSERE L’ULTIMO”
Essere vittime e carnefici non è un destino a cui dobbiamo rassegnarci.
Una canzone di Mia Martini recita: “gli uomini non cambino, sono figli delle donne ma non sono come noi”. E’ vero non sono come noi, ma io voglio continuare a credere che possano cambiare, che l’amore sano esista e debba continuare ad esistere.
Se per le nostre figlie e i nostri figli vogliamo una storia migliore di quella che abbiamo ereditato. Questa brutale storia può e deve essere cambiata, questa mattanza che sta provocando tanto dolore e tanta indignazione, può e deve finire.
Domenica anche a Manduria usciamo tutte e tutti dal nostro isolamento e facciamo rumore, perché solo se continueremo a farci sentire un cambiamento potrà essere possibile».
Almerina Raimondi