Docente di Sciente Motorie e Sportive, fiduciario Coni, atleta e presidente della società Apuliathletica: ci parla della la differenza tra Cultura del Movimento e Sport
Professore di Scienze Motorie e Sportive, fiduciario CONI per la città di Manduria e Sava, anni 54, sposato con Simona Destratis, cittadino di Manduria.
Ci conosciamo poco, ma posso dire che l’impressione è quella di uomo essenziale, attento e mai banale…
Parlaci di te e come ti sei approcciato alla corsa sin dalla tua giovinezza
«La primissima esperienza è per “romantici” dello sport: avevo 10 anni, forse meno (siamo perciò al tramonto degli anni ‘70). Attorno alla metà di luglio, in occasione delle celebrazioni per la Madonna del Carmelo, si disputava una gara di quartiere nella località balneare dove, a tutt'oggi, ho residenza nei mesi estivi. Vi presi parte da “imbucato” con altri compagni di gioco. Dopo pochi metri, le mie ciabatte in plastica Mexican (qualcuno le ricorderà) si spaccarono: gara finita? Neanche per sogno. Raccolsi i resti delle mie povere calzature e corsi a piedi nudi e a perdifiato sino al traguardo.
Le successive esperienze furono, come tanti, grazie alla scuola e a quelli che una volta erano chiamati Giochi della Gioventù.
La vera folgorazione però arriverà più tardi, da studente all' ISEF di Urbino, dove c’era un importante tradizione nell’atletica (leggasi nomi come Sara Simeoni, Franco Fava, Pippo Cindolo e Gianni Del Buono).
A contagiarmi saranno soprattutto la passione e le competenze del mitico prof. Gino Falcetta (che ringrazierò in eterno): devo a lui la mia carriera da atleta prima, da docente e tecnico poi».
Ci parli dei tuoi risultati sportivi, giovanili, assoluti e quelli di oggi in ambito master? Ci parli anche degli insuccessi che ti hanno fatto crescere?
«Nelle fasce giovanili, come già accennato, il mio background si ferma al contesto scolastico. Da Assoluto risultati discreti: paradossalmente il livello medio dell'epoca era decisamente superiore a quello attuale ed emergere era davvero molto difficile.
Custodisco però gelosamente il ricordo di una vittoria sul compianto Cosimo “Mimmo” Caliandro (poi campione europeo Iindoor sui 3000m): successe in una corsa campestre provinciale, probabilmente lui era distratto dal recente passaggio nelle Fiamme Gialle. Non ho mai parlato troppo di questo episodio, finchè una sera, in una cena tra atleti e semplici appassionati, fu proprio lui a ricordare quella sconfitta. Un gesto di grande umiltà dal valore per me inestimabile.
Da Master qualche vittoria e qualche medaglia in più (2 bronzi ai campionati italiani, uno sulla maratona e uno in mezza maratona), ma ciò che ricordo con più piacere è una “non medaglia”, un 5° posto ai campionati mondiali del 2007, sempre sulla maratona: avevo un tendine achilleo ormai “in pensione”, giurai a me stesso prima dello start che quella sarebbe stata la mia ultima 42 km. Il ricordo di quel rettilineo finale è qualcosa che ancora oggi difficilmente riesco a descrivere».
Veniamo al presente: sei impegnato professionalmente nello sport. Ci parli della tua giornata tipo?
«Il mio impegno nello Sport, attualmente, è volto più alla promozione, alla sua corretta divulgazione, ai suoi aspetti gestionali, tecnici e sociali. Parto dalla scuola, dove insegno Scienze Motorie e Sportive, per giungere alle persone che seguo (atleti e non) e alla società che dirigo. E' un atto di fede verso lo Sport che richiede grande dedizione oltre alle ovvie competenze: una sorta di missione dove bisogna sempre essere pronti a dare il buon esempio. Chi mi conosce lo sa, mia moglie su tutti».
Cosa consigli e suggerisci a chi si approccia per la prima volta alla corsa o per chi ha già provato ma ha mollato?
«E’ argomento questo sempre molto dibattuto. C’è un primo aspetto da considerare ed è comprendere prima la differenza tra Cultura del Movimento e Sport. Nel primo esempio possiamo confluire tutti: ci si può (anzi ci si deve) muovere, corsa compresa, entro quelli che sono i confini del Fitness. L’obiettivo è uno stile di vita sano e per ottenerlo sono sufficienti quelle poche regole che tutti o quasi ben conosciamo, primi tra tutti il parere del proprio medico, un pò di buona volontà e una giusta dose di buon senso.
Se invece parliamo di Sport, quindi di corsa come Sport, beh, la faccenda è un pochino diversa.
Sport è sinonimo di competizione, a prescindere se a livello amatoriale o professionistico.
Competere con altri o con i propri limiti, non è opera da prendere sotto gamba o da lasciare al “fai dai te”.
In tal caso non solo si deve essere clinicamente idonei all’agonismo, ma anche fisicamente e mentalmente ben educati a una disciplina che, con la stessa facilità può diventare grazia o castigo.
Guai a credersi “invulnerabili” e/o “capaci di tutto”: saggio mettersi nelle mani di Esperti (veri e non presunti)».
Hai avuto, ed hai, difficoltà, nella conciliazione dell’attività lavorativa, familiare con la tua passione che ti porta via tanto tempo?
«Mi ritengo un uomo fortunato. Ho sposato una donna che mi supporta e crede in quello che faccio. E' anche grazie a lei se nel mio vocabolario, ad oggi, non compare la parola “sacrificio”. Le difficoltà fanno parte della vita, sono la miglior palestra dell'uomo. I sacrifici, almeno per me, sono ben altra cosa».
Mi vuoi parlare di un successo sportivo in particolare?
«Non amo troppo celebrarmi, anche perchè le vittorie non mi hanno mai insegnato nulla. Sono le sconfitte quelle che hanno fatto di me l'uomo che sono oggi. Senza una vera cultura della sconfitta non si può essere un vero uomo di Sport».
Mi parli del tuo ruolo di allenatore?
«Allenare vuol dire anche essere, all’occorrenza, un pochino “stronzi” (chiedo scusa). Fa parte di quell'empatia, di quel clima emotivo che necessariamente deve esserci nel rapporto tecnico-atleta. Il mio fine è sempre lo stesso: diventare gradualmente inutile, ovvero riuscire a trasferire tutto il mio bagaglio, tecnico e umano, all’altro».
Sei presidente di una società di atletica leggera, la ASD Apuliathletica; ci racconti gli obiettivi di questa importante scelta?
«Apuliathletica è stata una scommessa. L'intento era di mettere insieme valori capaci di andare oltre quelli “del campo”, che sono importanti, ma non sono tutto. Formiamo tecnici, dirigenti, siamo attenti al sociale. Puntiamo su una forma di associazionismo attivo e consapevole e sulla forza della collettività, cosa che non di rado ci ha permesso di fregiarci di qualche importante titolo sportivo.
A distanza di 10 anni dalla sua fondazione, posso dire che la scommessa è vinta!».
Grazie Vincenzo!
Pierpaolo Cosma