MANDURIA - Inaugurata la bacheca informativa turistica dei sarcofagi del re in San Pietro in Bevagna
L’iniziativa promossa da Rotary Club e Amministrazione
Inaugurata dal Rotary club di Manduria e dall’Amministrazione comunale la bacheca informativa turistica dei sarcofagi del re in San Pietro in Bevagna
Il vice sindaco Andrea Vito Mariggio e il presidente del Rotary Paolo Rotondo con la presenza dell’archeologo Valentino De Santis e dei soci Rotariani hanno proceduto a presentare l’iniziativa che era già da tempo in cantiere con un progetto della già soprintendente della Soprintendenza Nazionale per il patrimonio culturale subacqueo di Taranto Barbara Davidde
Massima soddisfazione del vice sindaco che ha ringraziato il. Rotary Club per la costante presenza sul territorio
Il litorale si è arricchito della presenza della bacheca che indicherà meglio la posizione ove si trovano i sarcofagi rendendo così ancora più nota agli utenti i reperti e la loro storia nell’ottica di un percorso da proseguire attraverso la pianificazione e realizzazione di ulteriori opere ed interventi per la fruizione e valorizzazione del territorio
I sarcofagi del Re si trovano al largo di San Pietro in Bevagna, non lontano dalla foce del fiume Chidro, su un fondale prevalentemente sabbioso, soggetto a frequenti insabbiamenti, e a una profondità che varia dai 3 ai 6 metri circa; E' li che giace il carico di una nave di età romana proveniente dal Mediterraneo orientale, affondata mentre costeggiava le coste pugliesi. Il sito, conosciuto sin dagli anni '30 del XX secolo, si trova a circa 70 metri dalla riva e il carico superstite del relitto, esplorato per la prima volta nel 1964, si estende per circa mq. 148 ed è costituito da ventitré sarcofagi di marmo bianco di forme e dimensioni diverse, dal peso variabile dai 1.000 ai 6.000 chilogrammi, per un totale di circa 75 tonnellate. Successive indagini scientifiche sono state condotte da parte della Soprintendenza Archeologica della Puglia, nel 1995, quindi dall’Istituto Centrale per il Restauro nel 2009, che realizzò un itinerario di visita subacqueo attrezzato con pannelli esplicativi in loco. Inoltre, tra il 2010 e il 2011, sono state compiute analisi mineralogico-petrografiche e isotopiche sui campioni di marmo presso il CNR-IBAM di Lecce, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia e l’Università del Salento.
Da questi esami risulterebbe che il materiale costituente dei sarcofagi è il marmo bianco dolomitico, proveniente dalle cave di Vathy-Saliara sull’isola di Taso. I manufatti, al momento dell’imbarco, erano solo sbozzati, non finiti, e di varie dimensioni: alcuni rettangolari, altri a vasca con pareti brevi arrotondate (cosiddetto tipo a Lenòs) e con bugne sporgenti, che avrebbero potuto essere rifinite nel porto di destinazione, alla fine del viaggio, completando la decorazione con busti ritratto, teste leonine e altri elementi figurati, zoomorfi e fitomorfi. Per ottimizzare gli spazi durante il trasporto, tre sarcofagi di dimensioni ridotte erano stati inseriti all'interno di quelli più grandi, mentre tre esemplari risultano doppi, ossia con le due cavità affiancate e ricavate in un unico monolito, per essere separate, poi, una volta giunti a destinazione.
Fino ad oggi non sono emersi elementi superstiti dello scafo ligneo. Tuttavia, si suppone che la nave di San Pietro in Bevagna potesse avere una lunghezza di circa 20-22 metri, per una larghezza di 5-6 metri, a giudicare dall’estensione del sito. In base alla tipologia dei sarcofagi e della ceramica rinvenuta, oltre che per analogia con il relitto di Methoni (Peloponneso, Grecia), dalle caratteristiche per molti versi confrontabili, la datazione proponibile per il naufragio sarebbe intorno alla prima metà del III secolo d.C. Si suppone che i manufatti lapidei fossero destinati a Roma e sarebbero stati sbarcati, in un primo scalo, nella Statio Marmorum (luogo di raccolta dei marmi) di Ostia; da qui, per via fluviale, a bordo delle naves Caudicariae (particolari tipi di imbarcazioni impiegate per il trasporto fluviale delle merci scaricate dalle navi commerciali marittime), avrebbero risalito il Tevere fino ai porti della Ripa Marmorata, presso la Statio Rationis Marmorum, vicino al Monte Testaccio, o a quello del Campo Marzio, dove operavano altre officine di marmorari.