venerdì 25 ottobre 2024


25/10/2024 07:02:46 - Manduria - Attualità

Si tratta di un progetto di Naturalmente a Sud per la creazione di un mosaico di comunità i cui mattoncini sono stati realizzati da tante mani che hanno generato bellezza

Questa sera, dopo la presentazione dei lavori di restauro del Parco Archeologico delle Mura Messapiche, previsto per le ore 18 presso la ex chiesa di Santa Croce, sarà presentata alla comunità, con il “Rito di Fondazione”, la “Fonte della Bellezza”, opera del maestro ceramista Antonio Vestita, installata nella pavimentazione antistante l’ingresso del parco archeologico in Piazza Scegnu.

Si tratta di un progetto di Naturalmente a Sud per la creazione di un mosaico di comunità i cui mattoncini sono stati realizzati da tante mani che hanno generato bellezza. Blu, rosso, ocra, celeste catturano lo sguardo e ci conducono in un Viaggio senza tempo.

Ecco la narrazione di Isidoro Pennisi, Rricercatore Università Mediterranea di Reggio Calabria, Dipartimento di Architettura e Territorio:

«Così come la bellezza della natura è una assemblea di geologia, agenti atmosferici, fauna e flora, anche quella prodotta dalla cultura materiale è un incontro, come nel caso di Manduria, tra un'area archeologica, un luogo urbano, una materia ceramica e soprattutto molte mani di donne e uomini, coordinate dentro un percorso di apprendimento e lavoro collettivo promosso da Naturalmente a Sud.

La bellezza esiste. Categorica affermazione che si fa strada tra le intenzioni, i sogni, i desideri e una prassi manifesta; tra un innato catalogo inconscio di figure, una mente colma di immagini e una vocazione a concepire cultura materiale attraverso le mani.

La bellezza è avvenente perché avviene. Alle volte avviene con calma, attraversando le stazioni di una via crucis del tempo e dell'anima, e altre volte avviene come  un tuono improvviso che però nasconde un tempo, non si sa quanto lungo, che è di avvento.

Fare, sapere, saper fare e fare sapere sono le direzioni cardinali di qualsiasi iniziativa civica che attraverso la cultura provi a coordinare e rinsaldare i legami comunitari di una storia urbana con il  suo futuro.

Fare un mosaico; sapere non solo come farlo ma perché farlo; metterlo in opera attraverso delle abilità manuali; fare sapere che esso esiste non come esito di una manifattura ma come racconto di una avventura comunitaria. Un percorso artistico?

Dovremmo sempre non dimenticare, soprattutto noi magno greci, che nella nostra lingua delle origini non esisteva alcun termine che somigli a quello di arte, che noi oggi usiamo.

A quel tempo si parlava di tecne e il suo significato era chiaro: un modo di fare le cose per bene. Il maestro non era un artista ma uno che sapeva fare una cosa ben fatta, in maniera tale che fosse utilizzabile per gli scopi per cui serviva.

In questo senso, la bellezza e le capacità di svelarla, inseguendo la forma delle cose per uno scopo, hanno caratterizzato la nostra civiltà.

Sia quando questa bellezza è immateriale sia quando traspare da un manufatto. Soprattutto in questo secondo caso, si vede come il corpo umano prenda il sopravvento.

I manufatti ci dicono che le mani pensano, hanno una autonomia di pensiero, ragionano sulle forme e sulla materia.

Credere possibile  che una forma nello spazio arrivi dove nulla riesce a giungere, o che un colore trovi la maniera di recuperare il segreto che niente è mai riuscito a svelare, è la nostra ambizione Mediterranea e Jonica. Quell'ambizione che affida alla materia la testimonianza del nostro passaggio terreno, perché senza la materia e le sue forme lo spirito non avrebbe dimora e le mani sarebbero orfane. Quell'ambizione così forte e duratura che influenza anche chi non è del Mediterraneo e ci capita per destino o caso. Come Keats, che nel comporre un canto  alla bellezza, si piega ai manufatti, tralascia la natura, e canta un Ode ad un'Urna Greca: ad un oggetto.

Inaugurare un area archeologica dove al suo ingresso è stato piantato con cura un mosaico di benvenuto e viatico, è quindi qualche cosa di più di un fatto civico e culturale. Vuol dire ribadire, quasi antropologicamente, che la cultura materiale è sublimazione della materia.

La cultura materiale testimonia chi siamo stati, chi ancora possiamo essere e chi potremmo essere.

La Fonte dell'Acqua, posta all'ingresso, evoca l'evento più contraddittorio e vitale dell'Universo. L'acqua è vita nonostante la vita.

L'acqua è vita quando vive nelle profondità e costa sudore farla risalire; l'acqua è vita quando scorre nei fiumi e nonostante viva esondando e pulendo ciò che incontra; l'acqua è vita nonostante viva precipitando con violenza al suolo; l'acqua è vita nonostante viva di onde, correnti e tempeste che ci respingono lontani da una spiaggia.

Il mosaico all'ingresso, concepito da Antonio Vestita, le antiche mura e gli spazi dell'Area Archeologica, sono stati inventati ed eseguiti da mani sapienti ma da oggi in poi saranno vissuti dagli sguardi e soprattutto dalle gambe e dai piedi che permetteranno di attraversarla e viverla».

 











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