Hanno relazionato Luigi Marseglia, Ettore Tarentini, Giuseppe Pio Capogrosso e don Patrizio Missere
Ecco il resoconto delle conferenze della scorsa settimana promosse dal centro culturale di formazione permanente “Plinio il Vecchio”
Martedì 18 marzo: prof. Luigi Marseglia “Leucaspide e Manduria agli occhi di Janet Ross”
Tema della conversazione di Luigi Marseglia sui viaggiatori del Gran Tour, venuti a Manduria in tempi diversi, è stato questa volta, la Terra di Manfredi di Janet Ross, apparso a Londra nel 1889. S’è trattato di uno sguardo allargato alle forme della letteratura di viaggio.
Il relatore è partito dalle modalità del racconto offerto dai viaggiatori olandesi nel 1778, oggetto della precedente discussione, per poi affrontare una più attenta assunzione della storia, presente invece nel volume della Ross. Qui il resoconto offerto dalla scrittrice inglese sviluppa secondo due direttrici: quella della descrizione del mondo che si conosce per la prima o seconda volta e quello della storia, vista al filtro del sogno laico dell’impero, quello di Federico II e degli svevi, caratterizzato da un’osservatrice del secondo Ottocento, giornalista, figlia d’arte, frequentatrice dei salotti, del bel mondo fiorentino ed europeo, forte della conoscenza e della cultura vissute in quella fase. Tra questi rapporti, di grande rilevanza sono apparsi quelli intessuti con James Lacaita, dandy, ospite di grande ascendenza a Leucaspide, tra Taranto e Massafra, ma anche intellettuale esperto di cultura e dei commenti al poema dantesco, senatore, noto a Londra come a Napoli, Roma Firenze e Torino, poi con Eugenio Arnò, conoscitore dell’antropologia locale, quella delle tarantate, a esempio, e infine con Giuseppe Gigli, del quale la Ross, accoglie una fiaba, ancor prima che lo scrittore manduriano la proponga nel suo Superstizioni, pregiudizi e tradizioni in Terra d’Otranto, apparso a Firenze nel 1893. Anche Paul Bourget avrebbe accolto quella fiaba in Sensations d’Italie.
In questo tipo di discorso è emersa anche una modalità diversa della narrazione, con la proposta di una scrittura più aperta a riportare emozioni attraverso un linguaggio composito, che si avvale, a esempio, della scoperta funzionale del dialetto nel descrivere realtà, costume, antropologia e storia da parte di una personalità matura, positiva, anticonformista, anche fortemente avanzata nel praticare pensieri e soluzioni da moderna femminista e guardare al mondo con divertita ironia. Sorrideva, infatti sullo stupore di uno sciuscià tranese, sbalordito nel vedere lei, una donna, indossare un cappello.
Mercoledì 19 marzo: ing. Ettore Tarentini “L’infosfera e l’oceano digitale in cui navighiamo”
L’incontro è stato dedicato alla introduzione della società delle mangrovie ed alla descrizione, per certi versi “narrazione”, del passaggio dalla società liquida di Bauman a questo nuovo scenario proposto da Floridi.
L’approccio proposto dal relatore ha richiamato i toni ed alcune sottolineature tipiche delle serie di conferenze-spettacoli proposti dal progetto Orbit, già ricordato in precedenza.
Gli interventi del relatore sono stati quindi contrappuntati dai racconti di una seconda voce, con contenuti e toni tipici dello story teller divulgatore; il linguaggio si è fatto allora immaginifico, alleggerendo la proposta puramente scientifica.
Il tema proposto è stato quello di sottolineare cha la società delle mangrovie può essere intesa come un punto di arrivo, una rilettura e quindi una trasformazione di un mondo a tratti distopico, l’infosfera, in un mondo quasi utopico.
La tecnologia, le ICT, dispiegano sempre il potere di profonda trasformazione ma tendono ad integrarsi più armonicamente, meno conflittualmente in un contesto che si poggia su basi più solide (le radici delle mangrovie), ad adattarsi più naturalmente ad un ambiente onlife (l’acqua salmastra in cui vegetano le mangrovie); un contesto collaborativo, orientato a definire scopi comuni per azioni comuni.
Si manifestano evidenti le differenze rispetto alla società liquida; la precarietà sembra dissolversi nel solido intreccio delle mangrovie, l’individualismo sembra lasciare il passo a forme di contatto complesso (un po’ on line ed un po’ off line), Giano, il dio bifronte della tecnologia, si concede a forme di partecipazione e consapevole controllo.
Il pellegrino di Bauman si sta trasformando nell’inforg; sembra intravedersi un cammino più consapevole nel modo.
Il nomos (regole, leggi) della nuova società viene scritte e la paideia (formazione, educazione umana) necessaria richiama ad una convinta concretizzazione.
Giovedì 2 marzo: avv. Giuseppe Pio Capogrosso “Manduria ed il suo castello scomparso”
L’avv. Giuseppe Pio Capogrosso ha offerto una panoramica approfondita sull'antico castello di Casalnuovo, della sua evoluzione storica, a partire dalle origini medievali fino alla costruzione, al suo posto, di una residenza nobiliare. Nonostante la scarsità di documentazione riguardante le prime fasi del castello, egli ha sapientemente ricostruito la sua storia attraverso le poche fonti disponibili, come le descrizioni del 1577, che raccontano di una struttura difensiva con porte e ponti, sebbene in stato di abbandono per via della mancanza di abitanti.
Uno degli aspetti più interessanti è stato il passaggio dal castello normanno alla residenza principesca, voluta da Michele III Imperiali all'inizio del XVIII secolo. Il relatore ha messo in evidenza il significato di questo cambiamento, non solo come mutamento architettonico, ma anche come riflesso della trasformazione sociale e politica del tempo, con la costruzione del nuovo palazzo nel 1717.
Inoltre, ha esposto le descrizioni di cronisti successivi, come Francesco Maria Ferrara e padre Domenico Saracino, che hanno contribuito a ricostruire l’aspetto e le funzioni del castello nei secoli successivi. L’avv. Capogrosso ha dedicato particolare attenzione alle torri circolari, un elemento distintivo delle fortificazioni angioine, aggiunte nel periodo successivo alla costruzione del castello originario.
Infine, si è discusso del ruolo del castello come sede municipale, con la parziale utilizzazione della struttura in centro amministrativo dopo l'intervento degli Imperiali, che cedettero una parte della costruzione all'Università di Casalnuovo. La lezione ha permesso di comprendere meglio non solo la storia architettonica del castello, ma anche il suo impatto sulla comunità locale, stimolando riflessioni sulle fonti storiche e sulle opportunità di ricerca future.
Una seconda parte della lezione dell’avv. Capogrosso si è concentrata sulla lettura degli stemmi presenti agli angoli nord-ovest e sud-ovest del Palazzo Imperiali di Manduria, riproducenti le imprese famiglie Imperiali e Simiana. L'arma degli Imperiali mostra un palo d'oro cucito con un'aquila nera coronata d'oro, mentre quella dei Simiana è caratterizzata da torri e gigli d'azzurro.
Questi stemmi simboleggiano il matrimonio tra Michele III Imperiali e Irene Maria Delfina di Simiana, avvenuto nel 1691. Michele III, appartenente alla famiglia Imperiali, deteneva numerosi titoli e feudi, tra cui il Principato di Francavilla e il Marchesato di Oria, mentre Irene Maria, figlia di Carlo Giambattista di Simiana, ereditò il Principato di Montafia e il Marchesato di Pianezza dopo la morte del fratello nel 1716. Questi titoli giustificano la presenza degli stemmi araldici nel Palazzo Imperiali, costruito nel 1717.
Un altro esemplare dello stemma Imperiali-Simiana è visibile a Francavilla Fontana, nella chiesa degli Scolopi, mentre una variante dello stemma è conservata nel Museo di Palazzo Madama a Torino, proveniente dal castello di Montafia. Con l'estinzione della famiglia Imperiali nel 1782, i feudi di Montafia, Pianezza e quelli meridionali furono trasferiti al demanio regio, e allo stesso modo il principato di Montafia passò al re di Sardegna Vittorio Amedeo III.
Venerdì 21 marzo: don Patrizio Missere “I racconti di GENESI: aspetti storico-letterari”
Nella sua relazione, don Patrizio Missere si è concentrato questa volta su alcuni aspetti storici e letterari dei racconti della Genesi. Ha illustrato anzitutto il periodo in cui sono stati redatti i primi cinque libri della Bibbia (che costituiscono la cosiddetta «Torah» o «Pentateuco»), ossia la fase della deportazione babilonese (586-539 a.C.), in cui Israele rischiava di scomparire come popolo. Rileggendo il passato, la memoria condivisa di quanto Jhwh aveva operato con gli antenati (cf. la schiavitù egiziana, la liberazione, il miracolo del mare, Mosè ecc.), il popolo eletto ritrova la forza per ricominciare, mentre matura la coscienza che il Dio nazionale è anche il Signore delle nazioni, in mezzo alle quali esso era «disperso» (da cui «diaspora»), e il creatore del mondo. I racconti di creazione diventano dunque rivestimento letterario di una chiara presa di coscienza religiosa. L’analisi di questi testi secondo il metodo narrativo (cf. trama o intreccio, personaggi, svolte ecc.) permette di scoprire ad esempio che: Dio crea separando, ha’adam non è un nome proprio di persona ma significa «l’umanità», la creazione dell’uomo e della donna va considerata in un quadro più ampio e ricco di significato rispetto a una lettura aneddotica banalizzante, fatta di luoghi comuni, a cui è stata spesso condannata questa parte della Bibbia in ambiente sia ecclesiale sia laico.
Programma settimana 25 /28 marzo 2025
Martedì 25 - Ing. Ettore Tarentini “L’infosfera e l’oceano digitale in cui navighiamo”;
Mercoledì 26 - Visita guidata al palazzo Imperiali – Filotico;
Giovedì 27 - Prof. Luigi Pinelli “I Sumeri e l’anelito all’immortalità”;
Venerdì 28 - Dr. Gregorio Pecoraro “Incontro con le Istituzioni: dove finiscono i diritti e cominciano i doveri del cittadino”