Al magistrato «L’ho sognata, due - tre volte di seguito, e mi diceva “Ho tanto freddo, coprimi”
«L'ho sognata queste sere Sarah, due, tre volte di seguito: mi diceva zio coprimi, ho tanto freddo. L’ho sognata così tante volte che ora vorrei morire: non ce la faccio più, basta».
È cominciata così alle otto della sera di mercoledì, la confessione fiume di Michele Misseri, 57 anni, lo zio, l'assassino di Sarah Scazzi.
Da quasi due ore i carabinieri del comando provinciale di Taranto lo stavano ascoltando su quel 26 agosto, inchiodandolo davanti a una serie di contraddizioni e omissioni. Misseri ha prima negato anche l'evidenza, cercato di sminuire le intercettazioni ambientali (tre) nelle quali persino le sue figlie adombravano sospetti su di lui. Poi, anche per evitare ingiusti sospetti sulle sua famiglia, è crollato e ha raccontato tutta la verità.
"Quel giorno - ha spiegato in sintesi, il verbale è stato secretato - ero nel mio garage, come sempre. Aggiustavo il trattore che aveva avuto un problema. Ero molto arrabbiato, nervoso perché non riuscivo a metterlo in moto. Saranno state le 14,30 e ho visto Sarah che si è affacciata alla porta del garage". L'ingresso è venti passi dalla porta di casa: si può accedere o dalla strada oppure direttamente dall'appartamento. Sarah si era affacciata dall'alto, il pantaloncino e la maglietta rosa, l'infradito, l'asciugamano. "Mi ha detto che aspettava Sabrina, era leggermente in anticipo. Mia figlia era ancora in casa, l'amica Mariangela non era ancora arrivata in macchina. Le ho fatto segno di scendere. Non so che cosa mi è scattato, all'improvviso Sarah mi intrigava, è successo tutto in un momento".
Ha provato a toccarla, da dietro, probabilmente le ha sfiorato un seno. Sarah ha reagito immediatamente. Forse lo ha colpito, tanto che oggi il medico legale ha visitato anche Misseri riscontrandogli un ematoma sul braccio che potrebbe essere frutto di quella colluttazione. "A quel punto ho perso la testa". Ha afferrato una corda che era lì in quella cantina maledetta, dove lui passava le intere giornate tanto che le ragazzine della strada la chiamano la casa dei fantasmi, "perché è sempre buio e lui è sempre lì sotto, fa una paura". "Ho preso quella corda e ho stretto. Sarah è morta".
"Non ha sofferto" spiega il procuratore capo Franco Sebastio. Non è una consolazione. Misseri ha giurato che era la prima volta, che mai in precedenza aveva provato ad abusare della nipote. Il fratello Claudio ieri ha raccontato in televisione che sapeva di precedenti molestie. Ai carabinieri non lo ha mai detto. Così come non ci sono segnali in questo senso sui diari di Sarah, dove invece la ragazza appuntava tutto. C'è però un particolare che aveva messo in allarme gli investigatori. Lo aveva raccontato mamma Concetta il 29 settembre scorso: "Sarah mi ha raccontato che lo zio le aveva regalato cinque euro in due occasioni, non chiedendole nulla in cambio ma facendole promettere che non avrebbe raccontato nulla né a me né alla zia". Gli investigatori hanno immediatamente obbligato Concetta a non raccontare a nessuno questo elemento, soprattutto con sua sorella, perché avrebbe potuto compromettere le indagini. Concetta ha tenuto il segreto.
"Poco dopo - ha ricostruito ancora l'assassino - questione di minuti, si è affacciata mia figlia Sabrina. Lei era in casa, non ha visto niente. Mi ha chiesto di Sarah, mi ha detto se la vedi dille che la stiamo cercando. È andata via. Sarah era accanto a me, morta. Poco dopo l'ho caricata in macchina, l'ho messa dietro, con una coperta e sono andato verso i terreni a San Pancrazio". In questo passaggio ci sono due degli elementi che lo hanno inchiodato: ai carabinieri aveva raccontato di essere rimasto tutto il giorno ad aggiustare il trattore. E invece un testimone, un suo parente, ha raccontato di averlo visto in auto intorno alle 17 e soprattutto i tabulati telefonici hanno dimostrato che era nella zona di Nardò alle 16,45. "È vero. Con la macchina sono andato nel campo verso San Pancrazio. Sono arrivato, non mi ha visto nessuno. Ho tirato fuori Sarah, l'ho spogliata: ho abusato di lei, è stato un attimo era nuda e l'ho presa. Soltanto in quel momento mi sono accorto di cosa avevo fatto".
Ha bruciato i vestiti, buttato il corpo nella fossa-cisterna da una fessura strettissima. "L'ho coperto con i filari del vigneto e sono andato via". Misseri l'aveva fatta liscia. Aveva lasciato poche tracce, difficilmente gli investigatori sarebbero arrivati a lui. Poi, il ritrovamento del telefonino. "In quel periodo l'avevo portato sempre con me. Tre giorni prima del 29, se non sbaglio, lo avevo messo in una campagna nella speranza che lo trovaste voi. Niente. Allora ho pensato di darvelo io".
Perché? La risposta è arrivata dalla relazione del Rac, il Reparto analisi criminologiche dei carabinieri: i tecnici dell'Arma hanno delineato già nel pomeriggio di martedì, quando Misseri era solo un sospettato, il profilo di chi avrebbe potuto far ritrovare il cellulare, parlando di un assassino pentito, non di un criminale che si era macchiato di un delitto in prenda a un raptus e che inconscia mente voleva essere scoperto. "Vi ho detto tutta la verità, ve lo giuro. Se volete vi porto anche in quel posto". Sono le 10 e cinque della sera. Il procuratore e il comandante Giovanni Di Blasio saltano su un auto in borghese. Davanti c'è Misseri. Arrivano in campagna, la pozza, "scoprite, scoprite lì", insiste lo zio. Basta accendere una luce e chinare la testa per vedere un pezzo di una vita, quel che resta di Sarah.