Con depuratori di minori dimensioni, si potrebbero realizzare le trincee drenanti ed evitare gli scarichi a mare
«E’ inaccettabile lo scarico a mare delle acque trattate dal depuratore, addirittura, in una zona Sic: oltre all’impatto devastante sul territorio protetto, si creerebbe un irreparabile danno al mare, determinando il divieto di balneazione anche in caso di condotte sottomarine di circa 750 metri. Lo scarico in mare in zona Sic, di per se stesso, determinerebbe l’alterazione dell’ecosistema. Inoltre, la costruzione di una condotta sottomarina di almeno un chilometro andrebbe a distruggere le praterie di poseidonia».
Paolo Tommasino ha ribadito l’altro ieri mattina, nella conferenza dei servizi convocata dalla Regione Puglia, il dissenso della comunità manduriana all’ipotesi di scarico a mare delle acque del depuratore. Motivando, con una lunga relazione, le ragioni alla base di questa scelta.
«Il progetto attuale, inoltre, poggia sul generico assunto di base che due impianti depurativi distinti determinano un aggravio di costi d’investimento e di gestione rispetto ad un unico impianto» ha affermato Tommasino, introducendo un elemento di novità nel dibattito in corso. «Ciò non è vero nel caso specifico in quanto vi sono già delle risorse sul territorio che non sono state prese in considerazioni e che, invece, possono essere utilizzate garantendo un enorme risparmio di risorse.
Vi sono, infatti, l’attuale impianto depurativo di Manduria, che potrebbe servire anche Sava, e il nuovo impianto di Avetrana che, sovradimensionato come è, potrebbe agevolmente accogliere, durante il periodo estivo, anche buona parte delle marine, in particolar modo Torre Colimena.
Tenuto conto della considerevole lunghezza delle marine di Manduria, oltre 15 km, e della diffusione disordinata legata all’abusivismo edilizio degli anni passati, appare assai difficile realizzare un collegamento fognario con un depuratore unico e decentrato, mentre, invece, sarebbe molto più funzionale e realizzabile la suddivisione delle marine in due settori differenti, con diversi siti di depurazione.
La presenza di più depuratori, al posto di uno solo, oltre che a scongiurare l’inaccettabile costruzione di un nuovo grosso depuratore in area Sic, peraltro a ridosso di una zona turistico residenziale, non mantenendo nemmeno la distanza di rispetto di 300 metri, consentirebbe, soprattutto, di non essere vincolati all’esclusiva ipotesi di scarico a mare giustificato solo dal fatto che il depuratore unico supera il limite di 10.000 mc/d e, quindi, vi è il divieto di smaltimento su suolo.
Depuratori di minori dimensioni, quindi, permetterebbero di aggirare: sia l’ostacolo della mancanza di rete irrigua, per il riutilizzo delle acque reflue depurate, sia, soprattutto, lo scarico a mare, utilizzando il sistema delle trincee drenanti.
Si tenga conto che il comune di Manduria dispone di due proprietà terriere, di circa cento ettari l’una, in località Bagnolo, a pochi chilometri dalla città e dalle marine, e in località San Pietro, quindi, proprio sulle marine, che permetterebbero agevolmente di realizzare la soluzione di disperdere sul suolo tramite trincea i reflui trattati. Tale soluzione sarebbe molto vantaggiosa, anche in considerazione della vegetazione dei luoghi, pineta e macchia mediterranea, che in estate, per la forte calura, è oggetto di frequenti incendi».