Il 30-40% dei tumori dipende da una cattiva alimentazione. Ma in tanti casi gli alimenti che ingeriamo sono contaminati
In occasione della maratona televisiva guidata dall’Airc, Associazione italiana ricerca cancro, il giornale “Il Messaggero” ha dedicato un’ampia pagina delle sua uscita domenicale a Umberto Veronesi e le sua linee guida per un’alimentazione “anti-tumore”
La ricerca ha evidenziato come il 30-40% dei tumori dipenda da una cattiva alimentazione che, ostinatamente, continuiamo a “fare” a fronte di alimenti sani idonei ad allontanare l’insorgenza di questi mali. Indubbia è la portata di tali scoperte che scuotono profondamente le coscienze di tutti quei medici d’oltre oceano che osano snobbare la nostra dieta mediterranea ricca di frutta, verdura e cereali promuovendo tra le folte file di giovani modelli di alimentazione basati sul soddisfacimento delle papille gustative piuttosto che sulla buona salute.
Cavoli, verze e broccoli, ad esempio, difendono le donne dal pericolo del tumore al seno, mentre i pomodori dopo cottura rilasciano un particolare elemento coadiuvante nella prevenzione del tumore alla prostata; il cioccolato ha pregevoli proprietà antiossidanti e i legumi son grande fonte di ferro; i grassi animali minacciano tumori a seno e colon e sarebbe opportuno sostituirli con un giusto apporto di pesce e relativi omega 3.
Fin qui, sicuramente, nulla da eccepire. Diete equilibrate, poca carne rossa, molta frutta e verdura, preferire cereali integrati a quelli raffinati, insomma, una stile di vita sano e senza eccessi, in linea con quanto le nostre nonne ci sussurrano quotidianamente.
Ma una domanda sorge spontanea: perché anche i nostri nonni, i nostri genitori o i fautori di tali regole che effettivamente mettono in pratica tutto quanto si ritrovano a combattere inermi cancro e tumori dei più disparati?
Forse il vero problema non sta tanto nel dictat “meno carne rossa”, ma piuttosto nell’andare a capire il motivo per il quale questa carne rossa, questi grassi animali, facciamo così male al pari, comunque, di frutta e verdura nociva!
Tre esempi essenziali possono esser più che sufficienti a chiarir meglio questo punto assai controverso.
I recentissimi problemi di spazzatura nel napoletano han dato voce a quelle mamme “vulcaniche” che, loro malgrado, denunziano come sia impossibile comperare al mercato frutta e verdura della zona e preferiscano invece quelle proveniente dall’estero, spesse volte di dubbia provenienza e dai prezzi più alti. Questo perché? Perchè i loro prodotti a “chilometro 0” sono altamente inquinati, nocivi e cancerogeni a causa di quest’emergenza rifiuti.
Poco più di qualche giorno fa in prima serata su “Report” è andato in onda uno sconcertante servizio sulle condizioni del mar Ligure a seguito della catastrofe ambientale che lo colpì nel 1991 con il versamento di quantità indescrivibili di petrolio. Oggigiorno i pescatori della zona pescano nelle loro reti petrolio e scampi, catrame e gamberetti; tutti pesci che poi andranno ad imbandire (per non parlare del loro prezzo d’acquisto) le nostre tavole e deliziare i nostri palati. Pesce fonte di omega3 ed alimento pregevolissimo, ma pesce contaminato dal petrolio.
Come non soffermarsi sul nostro territorio e sul famoso e quanto mai famigerato problema dell’ILVA. Sempre non più di una settimana fa, lungo la striscia del mattino seguita da casalinghe impegnate nel preparar la colazione, una trasmissione ha riesumato il caso Ilva con interviste ad agricoltori e allevatori della zona che son stati costretti ad abbattere il loro bestiame poiché il latte o le carni che ne ricavavano erano cancerogene per chi le mangiava. Le pecore vanno al pascolo in campi di erba rossa, l’acqua con cui si lavora il formaggio è inquinata, l’aria respirata è tossica, gli ortaggi crescono al pari della polvere che quotidianamente si deposita accanto ai loro frutti, le amate cozze tarantine forse non più sinonimo di pregevolezza e purezza… gli esempi possibili in merito sarebbero innumerevoli e ognuno di noi potrebbe dir la sua di esperienza.
E il governo? Beh, il 13 agosto scorso (nel bel mezzo delle ferie!) è stato approvato (con tanto di firma del presidente della repubblica, ovviamente) il cosiddetto decreto “salva-Ilva” che preveda una deroga alla direttiva comunitaria in materia di immissioni che fissa il divieto di superamento di un nanogrammo per metro cubo di benzo(a)pirene , sostanze altamente inquinante; tale deroga consiste nello spostamento al 31 dicembre di tale limite, vale a dire che per i prossimi 2anni continueremo a respirare aria tossica. Ma non è tutto. L’art9 aggiunge che le possibili misure da adottare per migliorare la situazione “non comportino costi sproporzionati”.
C’è decisamente poco da aggiungere: l’aumento del 50% dei casi di autismo, del 30% oltre la media italiana di tumori valgono nulla dinanzi a questi costi sproporzionati, costi, però, salva-vite.
Ma allora il problema dell’insorgenza di tumori sta davvero nei cibi che mangiamo e da ciò che di sbagliato si continua a mangiare o nella loro qualità?
Silvia De Maglie