lunedì 30 settembre 2024


29/03/2011 07:22:59 - Manduria - Attualità

Eppure sia maggioranza che minoranza concordano in quasi tutte le richieste…

 
Il Consiglio Comunale si è spaccato sulle determinazioni da adottare in merito all’emergenza in atto per l’arrivo a Manduria, in due tornate, di ben 1.500 profughi. La maggioranza (16 voti) ha approvato un ordine del giorno, che sembrava fosse stato concordato in una riunione dei capigruppo. La minoranza (12 voti), invece, ha votato contro.
Ma, in realtà, dal lungo dibattito è emerso che maggioranza e minoranza, se si escludono alcune sfumature, sono sulle stesse posizioni. Hanno rimarcato l’inadeguatezza del campo base, sia in relazione al sito prescelto, sia in relazione alle modalità di allestimento; hanno invocato chiarezza sull’obiettivo del centro di raccolta, che sembra non sia più un Centro di Identificazione ed Espulsione, ma un Centro di Prima Accoglienza; hanno chiesto chiarezza sui tempi, sulle modalità e sugli strumenti di gestione; hanno definito insufficiente la sicurezza e la vigilanza; hanno rimarcato l’assenza di un servizio di prevenzione sanitaria. Maggioranza e minoranza hanno, all’unisono, chiesto al sottosegretario Mantovano di impedire nuovi arrivi, tenuto conto della precaria struttura della tendopoli, nonché l’impossibilità di questo territorio nel potersi fare carico di una problematica, che è invece risolvibile unitamente e con il concorso di più regioni.
La minoranza, però, ha deciso di votare contro l’ordine del giorno.
«Il sindaco ha riferito che questa decisione è stata imposta alla nostra città» hanno, a turno, fatto notare i capigruppo della minoranza. «Hanno già deciso, nonostante le nostre proteste, di ampliare il numero di posti letto sino a 1.500, nonostante inizialmente si era parlato di 200 unità da ospitare. A cosa serve, allora, un ordine del giorno in cui si invita il governo a non aumentare il numero dei posti letto della tendopoli?».
Nei vari interventi, la minoranza ha sollevato problemi differenti, che però hanno come comun denominatore l’emergenza umanitaria.
«Manduria è stanca delle frequenti prevaricazioni: decidono ogni cosa senza consultarci» ha affermato Mimmo Lariccia, ricordando i rifiuti inviati dalla Campania e il depuratore consortile da ubicare in piena aree naturale protetta.
Cecilia De Bartholomaeis, rappresentante dei Verdi, ha criticato l’assenza assoluta di informazione.
«La città deve essere coinvolta per capire cosa sta accadendo dentro e fuori il campo» ha dichiarato, «Il rapporto potrà essere indolore solo se c’è un processo di osmosi».
Il capogruppo del Sel, Mimmo Filomeno, ha invece accusato il governo centrale di ipocrisia.
«Il problema del governo è la Lega, che sta imponendo lo status di clandestini ai tunisini» ha sostenuto Filomeno. «In realtà, secondo il diritto internazionale, si tratta di profughi. Manduria vuole fare la sua parte nell’accoglienza dei profughi, ma bisogna ospitarli in ambienti dignitosi e non in quella tendopoli».
Per la minoranza è intervenuto anche Gianni Vico, capogruppo del Pd.
«Ci sono tante caserme dismesse, ma si è preferito alloggiare i profughi in una tendopoli, che a me pare un lager. Non c’è, poi, nessuna sicurezza. Rivolgo una domanda: perché proprio a Manduria? C’è poi l’aspetto dello stato di salute di questa gente: l’Asl è stata allertata?».
Francesco Massaro, nella duplice veste di consigliere comunale e assessore provinciale, si è fatto portavoce del messaggio del presidente della Provincia Gianni Florido, impegnato, ieri mattina, a Bari, ma che visiterà la tendopoli in mattinata.
«Non vogliamo più altri arrivi di profughi a Manduria: questa struttura non può reggere neppure quelli che ci sono già» ha detto Massaro.
La tendopoli è stata visitata, nel pomeriggio, anche dall’arciprete, mons. Franco Dinoi.
Intanto in città è stato fondato un comitato d’accoglienza Comitato di accoglienza.
L’iniziativa scaturisce “dall’esigenza di essere partecipi al destino del proprio territorio e vicini alle atroci sofferenze dei profughi libici e tunisini, al contrario di quanto hanno dichiarato pubblicamente alcuni ministri, sottosegretari, presidenti di Regione e cittadini padani”.










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