lunedì 30 settembre 2024


29/06/2011 08:24:18 - Manduria - Attualità

«Il prezzo delle olive o dell’olio non è remunerativo per una olivicoltura tradizionale con alberi secolari»

 
«Nello spazio di pochi giorni sono stati organizzati due incontri informativi sulla Lebbra dell’olivo malattia provocata da un fungo.
I tecnici che sono intervenuti hanno cercato di illustrare il problema e di proporre soluzioni tecniche.
Le conclusioni politiche – amministrative (assessore provinciale all’agricoltura) hanno visto l’impegno degli amministratori a chiedere lo stato di calamità.
Sui due aspetti, personalmente, concordo. E’ giusto cioè dare indicazioni su come combattere la malattia e, trovandosi di fronte ad una calamità, chiedere l’intervento del Fondo di Solidarietà Nazionale.
In questa sede faccio qualche osservazione che ho portato anche all’attenzione degli organizzatori.
La prima osservazione è quella di domandarsi del perché una banale malattia fungina che circola da tanto tempo sul nostro territorio (prima segnalazione 1950 Lecce e Brindisi ) sia ultimamente esplosa tanto da diventare una calamità.
La seconda osservazione è capire se la richiesta di aiuto del Fondo di Solidarietà Nazionale sarà strutturata in modo tale da mettere in atto un intervento di lotta più o meno valido.
Rispetto alla prima osservazione. Vi sono diversi elementi che hanno agito insieme e che hanno un comune denominatore e cioè la coltura dell’olivo tradizionale, con alberi secolari, da un ventina di anni non è più conveniente economicamente, ergo, ridurre al minimo i costi ovvero ritardare a sette-dieci anni, in alcuni casi anche venti, la potatura, e non effettuare i trattamenti antiparassitari contro altri parassiti simili (rogna, occhio di pavone, complesso della fumaggine, ecc.. ). La mancanza di queste buone pratiche agricole ha favorito anche lo sviluppo del fungo della lebbra. La lebbra è favorita da ambienti umidi che sono appunto quelli che si creano in una chioma addensata per mancanza di potatura e sofferente per la presenza di altri parassiti.
Possiamo dire allora che la lebbra si è sviluppata perché l’agricoltore è stato costretto a trascurare importanti lavori perché costosi ed antieconomici rispetto al valore della produzione dell’olio.
Se la causa è quindi di origine economica, non può essere chiesto all’agricoltori di fare interventi antiparassitari atteso che questi sono antieconomici.
Negli incontri infatti si sono proposti almeno 5 interventi antiparassitari, oltre al ritorno ad una potatura ordinaria (almeno ogni 5 anni ) ogni intervento antiparassitario richiede, tra costo di prodotto e intervento meccanizzato, non meno di 100 euro e quindi per 5 interventi un costo di 500 euro. A questi si aggiunga il costo di potatura, la concimazione, altri interventi antiparassitari (almeno contro la mosca e la tignola ), i lavori al terreno e la costosissima raccolta, tasse imposte e contributi. Con 3 raccolte (su cinque anni perché l’ulivo soffre dell’alternanza di produzione) di 150 chili per pianta otteniamo una produzione media annua di olive di circa 90 chili per albero. A prezzi attuali, per olive ottime, di 40 euro al quintale avremo un ricavo di 1600 euro per ettaro con 50 piante secolari. Un ricavo insufficiente a coprire le spese anche aggiungendo i diritti comunitari (integrazione )
Tutto ciò ci porta sulla seconda osservazione. Nessun intervento di emergenza andrà a stabilizzare una situazione che nasce da un’insieme di elementi diventati strutturali.
Il prezzo delle olive o dell’olio non è remunerativo per una olivicoltura tradizionale con alberi secolari. La richiesta di calamità andrà a sostenere eventualmente il mancato raccolto per l’anno in corso e per qualche altro anno. Per combattere la lebbra e le altre malattie dell’olivo e mettere in atto la buona pratica di conduzione per siffatti oliveti occorre qualcosa di più di un semplice aiuto. Per questi oliveti dalla funzione produttiva ma soprattutto socio-ambientale la Comunità si deve far carico di un costo sociale. Se vengono fatte le leggi con il divieto di espiantare oliveti secolari antieconomici senza poi introdurre misure di sostegno stabili e duraturi, non può che esserci l’abbandono di questo tipo di olivicoltura fatta di piccole aziende e di pochi alberi per orientarsi su una olivicoltura intensiva di grandi superfici e meccanizzata. In questo modo perderemo però il territorio e il paesaggio. Nessuno potrà godersi i contorti tronchi dei giganti mediterranei.
 
 
Prof. Pompeo Stano
Istituto Agrario “ Mondelli “
Manduria










img
Cucina d'asporto e Catering
con Consegna a domicilio

Prenota Ora