lunedì 30 settembre 2024


22/07/2011 19:22:57 - Manduria - Attualità

L’intervista esclusiva a tre migranti giunti a Manduria

 
Solo i loro nomi, nel rispetto della legge sulla privacy, impronunciabili, almeno quanto inscrivibili: Nizar, Badreddine, Hichem, tre Tunisinin freschi freschi di arrivo, da appena tre mesi, che balbettano come bambini ricorrendo a tutto quello che possono per sforzarsi di comunicare: disegni, schemi, reminiscenze scolastiche di inglese e francese, miste all’arabo e condite con quel tanto che rimane dei dialetti di provenienza. L’intervista è modello iena, se non fosse che i volti ed i racconti si moltiplicano per tre, dandomi naturalmente l’opportunità di eludere il copyright.
Anche le informazioni sono unanimi, come lo è la comune esperienza dell’essere clandestino,... incrociati per direttissima i contenuti delle loro narrazioni. Confermano il dictatus secondo il quale ad essere apprese per prima sono le parolacce, dicendo in coro, lì, riferendosi al loro paese di origine “... vita medda”, omettendo articoli, lettere e copule, ma rendendo sin troppo chiaramente l’idea e la ragione della loro fuga, almeno quanto è chiaro lo scopo del loro passaggio in Italia.
Sono costantemente in contatto con le loro famiglie, dimostrando che tutto il mondo è paese quando a parlare sono le loro mamme, che si assicurano che abbiano mangiato, che stiano bene, che non siano capitati in brutti giri. Mi fanno capire con difficoltà, facendo ruotare la mano in segno di umma, umma. Poi cominciano a snocciolare il loro comune dolore che dà voce a quello di chi non ce l’ha fatta nel superare la traversata, ed il cui destino resta ancora sconosciuto alle famiglie.
La media di 17 ore di viaggio in mare in condizioni ottimali, facendosi furbi e scegliendo l'imbarcazione più leggera per scongiurare il pericolo di essere gettati al largo dopo liti provocate dagli aguzzini, che incassato tutti i risparmi di una vita si liberano della zavorre, quando le condizioni del mare minacciano affondamento sicuro effetto Titanic.
Il loro flusso è racchiuso tra un prima ed un dopo: tra il primo di Zine El-Abidine Ben Ali, presidente della Tunisia, vittima di una moglie dalle mani bucate, falsamente democratico, sin troppo accondiscendente con l’oligarca al potere, disinteressato ai problemi del suo paese, poco risoluto nel decidere per i più. Un popolo intero parte alla ricerca della terra promessa, circa 25.000 passati attraverso la Puglia per il non si sa dove, in cerca dell'opportunità che non si nega a nessuno. Servono solo 175 euro al mese per fare la vita da nababbo in Tunisia, il doppio del valore della moneta locale, i dinars e bastano invece 2,50 euro al giorno per sopravvivere.
Il viaggio solo andata un capitale per loro, tra le 500 e le 700 euro, tutt'altro che low cost per la gente comune della Tunisia e dei giovani tunisini, ormai alla frutta, senza un lavoro, impossibilitati a frequentare le care università tunisine.Informazioni non estorte, ma recuperate tra i tanti disegni raccolti in un foglio, in cui la concatenazione ed il susseguirsi dei fatti viene, numerato per far capire il prima ed il dopo, il passato, il presente ed il futuro, tre storie simili a tante altre, 25.000, live rigorosamente, pensando a tanti amici ancora in fondo “alla mare”, ricordando il femminile del sostantivo mare in francese, la lingua franca che ci consente di comunicare, morti per caso e senza sapere perchè.
Una traversata la loro, fatta di tentativi, guardando le condizioni del mare, prima di tutto, una volta saputi i trucchi degli scafisti. C'è sapore di casa nelle loro parole, voglia di ritornare a casa, molti non lo possono fare , perchè sulla lista nera dei clandestini eccellenti: hanno avuto un c.v europeo, già prima di balbettare qualche sillaba d'italiano, il miraggio di un lavoro qualunque per garantire alla famiglia quel tanto di dignitosa sussistenza in più, e tanta tanta nostalgia, mista a commozione quando si tratta di paragonare la vita medda di lì alla nostra, apparsa ai loro occhi come i racconti delle mille ed una notte. Un unico grazie all'Italia, terra di accoglienza, vicina a loro, che non si sono mai sentiti clandestini,nè mai vittima di razzismo.
“Grazie Italia e per piacere Mimmo dillo per noi a tutti”.
Lo faccio volentieri, per quanti giacciono in fondo al mare. Altro non si può dire. Dalla terra promessa in poi, forse i tempi non sono così cambiati.
 
Mimmo Palummieri










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