lunedì 30 settembre 2024


21/08/2011 08:39:05 - Manduria - Attualità

«Consideriamo lo scarico a mare uno scempio ambientale e il riconoscimento del nostro diritto naturale e inviolabile»

 
«Le uniche motivazioni e finalità che hanno condotto alla costituzione del Comitato spontaneo sono la salvaguardia del nostro territorio (in particolare della nostra fascia costiera) da quello che consideriamo uno scempio ambientale e il riconoscimento del nostro diritto naturale e inviolabile, in quanto cittadini, a partecipare effettivamente ed efficacemente ai processi decisionali che lo riguardino».
Soddisfatti per la massiccia adesione a quella che è considerata la prima manifestazione di protesta contro il tentativo di Regione Puglia e Acquedotto Pugliese di imporre la scelta dello scarico a mare dei reflui del depuratore, gli attivisti del Comitato (tra questi la referente Liliana Digiacomo, Michele Matino, Nicola Tassielli, Cecilia De Bartholomaeis, Arcangelo Durante e Tullio Mancino), mettono a fuoco i due punti essenziali alla base della loro rivendicazione.
Il primo è relativo alla bassa tecnologia (Tabella 1) con la quale il depuratore dovrebbe trattare gli scarichi fognari di Manduria e Sava, prima che questi siano scaricati in un tratto di costa attiguo alla Riserva Naturale.
«Si può e si deve attuare la depurazione dei reflui (la Regione Puglia è sotto procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea per non averlo già fatto)» sostengono gli attivisti del Comitato. «Ma le popolazioni di Manduria, di Avetrana, di Maruggio e degli altri comuni limitrofi, i cui abitanti usufruiscono della balneazione e dove pure possiedono abitazioni e strutture commerciali, pagando le relative tasse, hanno diritto alla migliore tecnologia disponibile. Spetti all’Ente committente assicurarla, modificando il progetto esistente, ovvero commissionando una progettazione adeguata».
La Regione Puglia, attraverso l’assessore Amati, avrebbe garantito un impegno a rivedere la progettazione, assicurando le tecnologie per una depurazione con i parametri della Tabella 4. Ma, in cambio, vorrebbero iniziare i lavori, salvo poi, in corso d’opera, cercare i finanziamenti necessari per prevedere le tecnologie più avanzate.
Proposta che non convince per due motivi: il primo è la mancanza di sicurezza e il secondo, quello fondamentale, è l’auspicio che le acque, così depurate, potrebbero servire per l’irrigazione o, comunque, potrebbero essere smaltite diversamente. Non attraverso lo scarico nel mare.
«In ogni caso crediamo che il recapito finale delle acque, una volta depurate, sia pure in Tabella 4, cioè al massimo grado previsto dalla legge, non debba essere il mare, sia pure tramite condotta sottomarina più o meno lunga, ma esse debbano essere riutilizzate a fini irrigui, come il Piano Regionale di Tutela delle Acque prevede (ricordiamo che pochi anni addietro si voleva realizzare un dissalatore sul fiume Chidro, per rifornire di acqua le campagne del Salento), ovvero destinate ad altro uso».










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