domenica 29 settembre 2024


03/05/2013 09:58:58 - Manduria - Attualitā

La storia scritta dalla nostra redazione è stata pubblicata mercoledì dall’edizione di Brindisi de La Gazzetta del Mezzogiorno. Ecco il link: http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=615696&IDCategoria=1
Ma qualcuno, che di solito dà lezioni di moralità a destra e a manca, se ne è appropriato, senza citare la fonte…

 
 
Ha 21 anni, ma una vita già straordinariamente intensa, in cui ha alternato momenti di sofferenza e di dolore a giorni di gioiosa donazione ai più sfortunati e di felicità.
La vita di Giuseppe (questo è un nome di fantasia per proteggere la sua privacy) è stata segnata da una violenza ricevuta all’età di 17 anni. Fragile psicologicamente, questo ragazzo manduriano fu circuito da un sacerdote di un comune della provincia di Brindisi, che conobbe attraverso una chat.
«Non avevo tanti amici. Litigavo anche a casa con i miei genitori e i miei fratelli, mentre questo sacerdote mi coccolava e mi riempiva d’affetto» ha raccontato ai giudici Giuseppe. «Mi faceva sentire importante e protetto. Non solo. Dopo un po’ cercò di convincermi che i miei genitori non mi volevano bene e che io non dovevo fidarmi di nessuno».
Fu sufficiente poco tempo al sacerdote per conquistare la fiducia di Giuseppe e per invitarlo ad uscire insieme. Prima una pizza in un locale di Avetrana, poi i due, con l’auto, raggiunsero l’abitazione del sacerdote, in un comune del brindisino.
«A me disse che era un professore» ci dice Giuseppe. «Arrivammo nella sua casa e mi disse che potevo vedere la tv o potevo servirvi da bere. Andò in un’altra stanza e, dopo qualche minuto, ritornò nudo».
Secondo la sua ricostruzione (fornita anche ai magistrati), questo sacerdote costrinse Giuseppe (che non aveva mai avuto sino ad allora alcun tipo di esperienza sessuale) a seguirlo nella camera da letto e, dopo aver chiuso la porta con la chiave, fu consumata la violenza.
«Questa storia iniziò a settembre del 2009 e andò avanti sino a dicembre dello stesso anno» prosegue il ragazzo manduriano. «Il sacerdote minacciava che avrebbe riferito ai miei genitori la mia omosessualità se io non avessi acconsentito ad altri incontri, che avvenivano in auto, dove subivo altre violenze. Spesso passava con l’auto anche vicino alla mia abitazione. Ma, per me, la situazione divenne ben presto insostenibile».
A dicembre di quell’anno Giuseppe decise di affrontare l’uomo.
«Chiesi di incontrarlo e, in quella circostanza, mi confessò per la prima volta che era un sacerdote omosessuale» ci dice Giuseppe. «Io, che frequentavo una parrocchia di Manduria e che credevo tanto nella religione cattolica, rimasi sconvolto da quella verità».
E’ iniziato così il calvario di Giuseppe, che ben presto è caduto in depressione ed ha iniziato ad avere anche problemi di natura psichiatrica: da allora è in una condizione di inferiorità psichica, con un disturbo borderline della personalità. Proprio questi disturbi, a seguito di una perizia voluta dal Tribunale di Brindisi, hanno reso praticamente non “credibile” la testimonianza di Giuseppe. Nonostante la presenza di intercettazioni inequivocabili, il sacerdote l’ha fatta franca.
I problemi di questo ragazzo si sono poi trasferiti anche nella sua famiglia, che inizialmente non ha accettato quella che è poi diventata omosessualità. Giuseppe ha allora deciso di dedicarsi al volontariato e a più riprese vola in Nigeria e in altri Paesi poveri dell’Africa per offrire il suo tempo libero, avendo abbandonato il suo ciclo di studi (ha frequentato l’istituto alberghiero di Maruggio, dove ha conosciuto anche Sarah Scazzi).
«In Nigeria mi sono innamorato di una ragazza, che poi ho sposato» prosegue ancora Giuseppe, facendoci intuire che questo matrimonio ha reso felice la sua famiglia perché, in un certo senso, avrebbe certificato la sua eterosessualità.
Matrimonio che non è andato bene: la coppia è in crisi, come è in crisi di identità Giuseppe, che più volte ha tentato il suicidio.
«Ora passo il mio tempo a scrivere: racconti, poesie, aforismi e anche preghiere» ci dice Giuseppe. «Il mio futuro? Non lo riesco ad ingabbiare in uno schema fisso. Mi basta guadagnare quel che mi serve per vivere e offrire il mio volontariato a chi ne ha bisogno».










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