mercoledì 25 settembre 2024


19/11/2013 12:05:46 - Salento - Attualità

Il funzionario della Asl Alberto Gallo nel corso dell’incidente probatorio davanti al gip del Tribunale di Bari Giulia Romanazzi ha ribadito di essere stato indotto dal direttore generale dell’Asl di Bari Domenico Colasanto (attualmente sospeso), a falsificare il documento di valutazione dei rischi del Centro di salute mentale di via Tenente Casale

 
Ha sostanzialmente confermato quanto ha già detto agli inquirenti. La differenza è che adesso quelle dichiarazioni assumeranno il valore di prova che, in un eventuale processo, sarà valutata dal giudice.
Il funzionario della Asl Alberto Gallo nel corso dell’incidente probatorio davanti al gip del Tribunale di Bari Giulia Romanazzi ha ribadito di essere stato indotto dal direttore generale dell’Asl di Bari Domenico Colasanto (attualmente sospeso), a falsificare il documento di valutazione dei rischi del Centro di salute mentale di via Tenente Casale, dove il 4 settembre scorso è stata uccisa la psichiatra Paola Labriola. L’ipotesi della Procura di Bari è che il giorno dell’omicidio la sede del Centro di igiene mentale non fosse a norma dal punto di vista della sicurezza sul lavoro.

Per rimediare, il dg Colasanto (che respinge l’accusa) avrebbe fatto pressioni su Gallo affinché approntasse a posteriori il Dvr. Per questa ragione Gallo è indagato anche per falso, insieme agli altri due tecnici che avrebbero redatto il Dvr degli altri centri di salute mentale. Un documento che portava la data del giugno 2011 e che stando alle dichiarazioni del funzionario indicava anche valutazioni dei rischi relativi ad eventuali aggressioni, come quella subita dalla dottoressa.
Perché Gallo lo avrebbe fatto? Decisive sarebbero state le presunte «pressioni» del direttore Colasanto, indagato per concussione per induzione.

Il direttore generale, sempre stando alla versione fornita da Gallo, lo avrebbe convinto ad alterare la data, con frasi del tipo: «Ricordati che sei un precario», oppure, «Ho capito te la farò pagare». Perché datarlo proprio giugno 2011, prima che Colasanto fosse nominato direttore generale? «Colosanto mi disse che dovevo fare così», avrebbe risposto Gallo. Il funzionario aveva il 21 ottobre scorso aveva risposto agli agenti della squadra mobile di Bari cui sono delegate le indagini sull’omicidio della psichiatra.

La Procura aveva chiesto l’incidente probatorio per cristallizzare le dichiarazioni di Gallo che, da coindagato, avrebbe anche potuto non rispondere nell’eventuale processo. All’udienza di ieri c’erano, oltre al giudice e al pm Baldo Pisani, titolare del fascicolo sull’omicidio e sugli accertamenti relativi al rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro, gli indagati, compreso Colasanto che, dunque, ha ascoltato in aula il suo «accusatore», i loro difensori e i legali della famiglia Labriola. La Procura, più nel dettaglio, ipotizza nei confronti di Colasanto il reato di concussione per induzione, per aver «abusato della sua qualità e dei suoi poteri nei confronti di Alberto Gallo (il funzionario Asl che ha dichiarato di essere stato indotto a falsificare quei documenti, ndr) ed in particolare, paventando un trattamento deteriore avuto riguardo alla posizione lavorativa dello stesso, lo induceva a redigere documenti di valutazione dei rischi per i Centri di Salute Mentale di Bari falsi, compilazione che veniva effettuata direttamente da Gallo per il Csm di via Tenente Casale e da Baldassarre Lucarelli e Pasquale Bianco (altri due funzionari Asl indagati per falso, ndr) per gli altri Csm».

Nell’ambito di questa indagine la magistratura barese punta ad accertare, oltre all’esatta ricostruzione del delitto (contestato al 44enne Vincenzo Poliseno, il paziente della psichiatra arrestato subito dopo l'omicidio), «responsabilità connesse, precedenti e successive all’omicidio, miranti ad occultare le responsabilità della Asl di Bari».










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