lunedì 23 settembre 2024


27/02/2014 07:06:04 - Sava - Attualità

«Mia madre affermò che, finchè fosse stata in vita, Porto Selvaggio non si sarebbe toccato»

«La verità giudiziaria è una verità, ma, a mio avviso, non è esaustiva. Sappiamo che nel corso del processo i magistrati hanno ascoltato centinaia di persone, ricevendo delle segnalazioni e delle testimonianze che avrebbero potuto far piena luce sull’omicidio di mia madre. Non tutti, però, hanno avuto poi il coraggio di andare in Tribunale e ripetere alcune confidenze. La verità che si sa non sempre si può provare. Se la Magistratura ci concedesse la possibilità di riaprire il processo, potrebbero venir fuori altri aspetti, che sinora sono stati taciuti».
Sabrina Matrangola, una delle due figlie di Renata Fonte, l’assessore di Nardò assassinata il 31 marzo 1984, è stata ospite del liceo scientifico tecnologico “Del Prete” di Sava. Agli studenti ha tratteggiato la figura della madre, ipotizzando scenari diversi da quelli emersi nel corso dei tre gradi del processo.
«Mia madre ha pagato con la vita per non aver voluto vivere nel silenzio» ha affermato Sabrina Matrangola rispondendo alle tante domande degli studenti, coordinati dalla docente Rosa Soloperto. «E’ sempre stata una donna e una amministratrice scomoda, che non ha mai accettato i compromessi. Ricordo che si oppose alla costruzione della centrale di Cerano, partecipando alle manifestazioni di protesta, nonostante dal suo partito (il Pri) fosse arrivata l’indicazione a non aderirvi».
Proprio una sua forte presa di posizione a tutela del patrimonio ambientale (nel caso specifico, contro la lottizzazione di Porto Selvaggio), le è costata la vita.
«Mia madre affermò che, finchè fosse stata in vita, Porto Selvaggio non si sarebbe toccato. Che vi fossero delle lobby interessate alla speculazione edilizia in questo meraviglioso posto è abbastanza noto. E’ da scartare, quindi, l’ipotesi che il primo dei non eletti della lista avesse commissionato il delitto solo per prendere il posto di mia madre in Consiglio. Forse, entrando a far parte del Consiglio, avrebbe potuto permettere speculazioni che mia madre non avrebbe mai consentito».
L’incontro si è chiuso una sollecitazione agli studenti.
«Non bisogna aver paura della mafia, ma della mafiosità, che serpeggia ovunque. Bisogna rifiutare la logica dei favoritismi e delle raccomandazioni: occorre indignarsi e arrabbiarsi, optando per modelli positivi».










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