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08/09/2015 11:55:41 - Salento - Calcio

Dopo quattro anni di serie D, il pallone biancazzurro si sgonfia

«Il Città di Brindisi, dopo quattro anni di attività e di militanza nella IV serie nazionale, comunica che non verrà formalizzata domanda di iscrizione al campionato di Promozione. Le motivazioni saranno rese pubbliche nei prossimi giorni. Tutte le somme raccolte per l’iscrizione in serie D verranno restituite sia all’associazione “Per Brindisi” che a tutti quei tifosi che, sostenendo la causa “salviamo il Brindisi calcio”, hanno voluto contribuire alla realizzazione di questo sogno ormai svanito. Si confida in ogni caso che il calcio possa non morire in questa città e che il futuro possa riservare ancora soddisfazioni ai tanti appassionati biancazzurri».
Si racchiude in queste poche righe - diffuse ieri dalla società (o, meglio, da ciò che di essa è rimasto) - il più amaro e inglorioso epilogo di 103 anni di (più o meno) fulgida storia calcistica.
Brindisi, dunque, resta per la prima volta “orfana” del suo massimo sodalizio calcistico. Ciò in quanto alle 13 di ieri - termine ultimo fissato dalla Federazione - nessuno ha presentato la documentazione e il denaro (5mila euro) necessari all’iscrizione al campionato di Promozione, cancellando con un colpo di spugna un titolo sportivo tra i più longevi su scala nazionale. E ciò, nonostante alla vigilia girasse voce che l’adempimento sarebbe avvenuto ancora una volta in extremis (come già era accaduto a luglio con la “corsa contro il tempo” effettuata per restare agganciati alla speranza di conservare la serie D, poi spenta dalla sentenza del Tribunale Federale). Pia illusione, laddove i detentori delle quote societarie (il nullatenente Domenico Solazzo, con il 98%, e Stefano Casale, con il 2%) alla fine hanno fatto l’unica cosa logica e plausibile, alla luce dell’enorme esposizione debitoria e dell’assenza di imprenditori pronti a prendersi in carico la gestione del club.
Delusione e rabbia ora prenderanno il sopravvento e di certo aumenteranno in misura spropositata le “maledizioni” all’indirizzo dell’ex patron Antonio Flora, il primo colpevole di questo autentico disastro. Il danno da lui provocato è di quelli incalcolabili e l’auspicio ora è che il sindaco tenga fede a quello che affermò subito dopo lo scandalo del “Dirty Soccer” e che, nel contesto del processo penale contro Flora e gli altri dirigenti coinvolti, l’Amministrazione si costituisca parte civile al fine di pretendere il giusto ristoro per la lesione che ne è derivata all’immagine della città.
Si chiude, in definitiva, nel peggiore dei modi la pagina più “nera” della storia calcistica cittadina. Ora c’è da ripartire da zero o, meglio, dall’”inferno”, senza capitani e soldati di (s)ventura, riprovando a coltivare un sogno: ricostruire dalle ceneri di questa “tragedia” (in altro modo non potrebbe definirsi) una società sana, onesta e trasparente, in grado di riportare “aria” pulita nell’ambiente calcistico cittadino. Magari, perchè no, cominciando a seguire e sostenere più da vicino il Real Paradiso, diventato - suo malgrado - la prima squadra di una città sì ferita, ma pronta all’immediato riscatto.










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