C'era una volta un mercato
I miei ricordi di bambino si fermano, si perdono e si confondono tra la folla oceanica di persone che si rincorrono per accaparrarsi la primizia di un frutto atteso per una settimana o uno scampolo di stoffa “buona” ma a buon mercato che prefigurava un abito che lentamente, ma concretamente, prendeva forma nei sogni nello stile, nella forgia e nei colori. I miei occhi di fanciullo hanno
catturato per sempre i piccoli quadretti di una realtà lontana in cui si mescolava folclore e concretezza agli angoli delle strade tra la via per Oria, dove attualmente si trova Piazza Giovanni XXIII volgarmente conosciuta come Piazza Tubi, e l’ultimo tratto del convento dei Padri Passionisti, dove i mercanti con il loro slang particolare rubato un pò alla strada un pò alla televisione in bianco e nero, anticipando in quanto antesignani, pionieri o profeti retrò, i moderni teleimbonitori che includono nel prezzo dell’ultima offerta anche la conseguente fregatura, cercavano di campare accaparrandosi la fedeltà dei loro clienti ai quali rifilavano con arte la biancheria ad esempio,
classificandola con in nomi di grido dei divi delle telenovelas argentine o brasiliane.
intricate ed interminabili vicende sentimentali?
stato scritto nella lista degli acquisti si accompagnava al desiderio di incontrare la comare se non altro per il piacere di sparlare un tantino, lamentandosi dei rispettivi affari di famiglia o finanche per avere la certezza che tutti i conoscenti fossero ancora su questa terra. E per il suo essere a portata di mano di tutti, si vedevano ancora uscire di casa le madri con le figlie, prima che di tale assenza di rapporto si parlasse nei talk show, correre per acquistare la dote più sontuosa, le scarpe da mettere in occasione delle feste, l’occorrente per la campagna sulle bancarelle di cui resta qualche sbiadito ricordo nelle menti degli anziani tanto sono diventate desuete.
saccheggiare a tarda ora, mentre nelle prime ore del mattino si era consumata la corsa dei mercanti all’ottenimento del posto consueto della vicina preferita, che poteva garantire facile accessibilità al bagno in caso di bisogno, refrigerio d’estate con una bevanda o dell’acqua fresca o caldo d’inverno con un caffè bollente, segno e testimonianza di un tempo vissuto e fatto ancora di rapporti.
ritornare a vivere quella festa per non soffocare le abitudini dei nostri concittadini manduriani. Da lì il declino di quel pullulare di anime e desideri che abbiamo descritto, che hanno lentamente ceduto il passo ad un più disinteressato, anonimo e privato della sua identità storica dell’attuale mercato del martedì che non riesce nemmeno a tenere il passo con il diretto concorrente del sabato francavillese, in cui si riversano le più moderne casalinghe che dello spirito genuino dello loro antenate hanno ben poco.
Guardare dall’alto il nostro mercato, mentre ci si trova nella parte più esposta del cavalcavia, proprio quella dove l’ingresso nella direzione opposta lo allontana dalla vista, vuol dire vedere la carcassa che si consuma lentamente di un animale nel deserto. Ciò che rimane del suo articolato viottolo di vie e di bancarelle lo si ritrova negli storici mercanti, ostinati afecionados, che si stipano lungo il perimetro dell’area mercatale fermandosi all’ingresso di una grande voragine, eloquente segno dell’assenza di chi ha scelto diversamente. L’immenso spazio di cui ciascuno gode e a cui è innaturale abituarsi, offre l’opportunità di scorgere un nuovo mondo di intendere l’arte del mercanteggiare condizionata anch’essa dall’arrivo dei mercanti extracomunitari, che con le loro vere finte griffes regalano a donne e ragazze il miraggio di prodotti all’ultima moda visti in tv nel corso di una sontuosa e dispendiosa sfilata di moda che si concilia benissimo con i portafogli vuoti, i bagni inutilizzabili per via della loro sporcizia e l’odore di cotto all’istante del furgone dei panini che si è posto nel centro del vuoto forse perché spera che una lunga fila di affamati clienti ne occupi lo spazio libero.
E dove sono quelle belle frasi, concitate, folcloristiche inneggianti alla bontà del prodotto venduto che hanno ceduto il posto ad espressioni più moderne che hanno reso trendy ciò che prima era bello ed utile o appetibile ed immensamente desiderato ciò che non né utile né bello, ma proprio per questo
tanto ricercato?
Mimmo Palummieri