mercoledì 25 settembre 2024


27/04/2008 16:06:44 - Manduria - Attualità

Si cercano le radici che alimentano il disagio giovanile, che sfocia in episodi di violenza inaudita: le responsabilità vanno ripartite. Nessuno è senza “peccato”

All’indomani della morte di Antonio, attraverso i social abbiamo letto le reazioni e le analisi più disparate. Seduti dietro alla scrivania, c’è chi ha sparato a zero contro i giovani e, come se il processo si fosse già celebrato, ha augurato agli indagati il carcere a vita. C’è stato invece chi ha spostato il mirino sulle famiglie: possibile che non si accorgessero di quali “mostri” crescevano nella propria casa? E, ancora, sono stati tirati in ballo i vicini di casa di Antonio e la parrocchia che è proprio di fronte alla casa del pensionato: nessuno ha mai fatto caso di quel che avveniva da ormai diversi anni a questa parte?

Gli analisti del web hanno bacchettato, ancora, l’assenza delle istituzioni: le forze dell’ordine che interverrebbero in ritardo o i servizi sociali che non funzionerebbero.

In nessuna analisi che ci è capitato di leggere un’autocritica. Già, i giovani non hanno valori e non avrebbero futuro: ma questi non è che sono gli alibi di adulti che sono in crisi?

La famiglie distanti dai figli: forse, in alcuni casi, è vero. Ma prima di puntare il dito sugli altri, ci siamo chiesti se anche nelle nostre famiglie dedichiamo più tempo ad essere presenti nei social che a comunicare con loro? O, peggio ancora, a comunicare con loro attraverso il web?

E quante volte abbiamo difeso a scatola chiusa i nostri figli da chiunque avesse rimarcato una qualunque loro mancanza? Episodi, questi, che avvengono ripetutamente a scuola, dove i docenti sono spesso picchiati dai genitori.

Il pensionato che viveva in solitudine e nell’indifferenza generale. Ma è forse l’unico caso di anziani che diventano “fardelli” per i figli e vengono scaricati in case di riposo?

E poi le istituzioni. Sarebbero latitanti. Le forze dell’ordine avrebbero scarsa sensibilità: ma quanti di noi denunciano, con nomi e cognomi (pur essendone a conoscenza), episodi illegali e quante volte, invece, optiamo per l’omertà? Infine il Comune e i suoi servizi. Una volta vi era il detto: “Piove, governo ladro”. Oggi, ogni responsabilità va additata al Comune e all’Amministrazione di turno, come se fossero enti lontani da noi e (per quanto riguarda i politici) non fossero eletti dai cittadini.

Si preferisce, insomma, inchiodare il prossimo ad ogni tipo di responsabilità. Che, a scanso di equivoci, ci sono anche. Ma da nessuno, o quasi, parte poi lo slancio per modificare quanto di marcio c’è nella nostra società.

Quale impegno ognuno di noi profonde per migliorare una società alla deriva, essa si senza ormai valori.

In questo contesto, una riflessione più approfondita la meriterebbero i giovani, sempre più “parcheggiati” in infiniti anni di studi, chiusi nelle classi, con difficoltà a elaborare un progetto di lavoro o di famiglia, e ai quali non resta che la simulazione della vita: si naviga senza viaggiare, si gioca a pallone con un computer, si dialoga senza mai incontrarsi e intanto si brucia l’età che avrebbe una missione precisa: la scoperta della propria identità e del proprio talento.

Tutto lo spazio che li circonda è saturo, è impermeabile ad esigenze di gioco ed espressività, è popolato e normato da adulti che non cedono il passo alle nuove generazioni.

A nostro avviso, la vera responsabilità è di chi non accetta di cambiare in un’epoca di cambiamenti. Tutto sta mutando: come leggiamo, come scriviamo, come nasce un’amicizia e un amore, come studiamo e come viaggiamo.

E’ necessario che gli adulti incomincino ad imparare dai più giovani, incomincino a dialogare con loro, incomincino ad ascoltarli e ad affidarsi a loro per scoprire e sperimentare.

E’ necessario riflettere, come ha fatto notare tempo fa un sociologo, sul «disfacimento di un tessuto sociale fatto essenzialmente d’inadempienze, di corruzione, di miserie intellettuali, costruito sulle falde argillose e frananti di una disaffezione ottusa e becera verso i valori reali che non corrispondono più ai secoli passati, ma in émpito rivoluzionario di abbattimento e amoralità si ritrovano a costruire nuovi miti, nuovi soggetti di emulazione: l’impotenza, la rabbia, le incertezze future, la disoccupazione, di una società devastata da squallidi e occasionali mercinomi, modellati al sovvertimento di tutte le categorie comportamentali e razionali, logiche e naturali della specie, intendono accogliere il nuovo modello epocale d’isolamento e di emarginazione in una deformata e ammalata solitudine spirituale, in assenza di valori, di ideali, di significati categoriali autentici si vanno affievolendo sempre di più il contegno, la dignità, la temperanza a favore dell'esibizionismo, della ostentazione, della vanagloria.

L’analisi che ne consegue è di un esacerbato e contorto ostracismo nei riguardi della vita stessa, che non ha più alcun significato, scade nella condotta liberticida e nella disonestà sfacciata e provocatoria di un bene illusorio. L’esistenza come episodio irripetibile viene respinta, in sostituzione vengono messi i poteri forti della sfera emozionale, del sesso facile, del guadagno immediato, dell’interesse materico».

Si tratta di vedere le cose come stanno: i nostri figli sono dominati da una irresponsabile e, spesso catastrofica insufficienza, di valori e di significati affettivi e morali. Si sentono spesso soli e incompresi. I più fragili si dedicano alla droga, i più forti (solo all’apparenza) preferiscono giochi pericolosi, meccanismi perfidi e crudeli di ribellione: bullismo, atti di arroganza e prepotenza verso i minorati, lanci di pietre dal cavalcavia, atti di libidine perpetrata in gruppo, sette sataniche, delitti efferati senza logica, pedofilia e atti indecenti d’ogni natura stanno a dimostrare la loro efferatezza.

«La gioventù moderna così aliena dai principi di morale e di etica ha come dictat imperativo l’inadempienza progettuale, la violenza contro i più deboli, il comportamento aggressivo e prevaricatore verso il "diverso". L'handicap non produce pietas, l'eros mitizzato all’ennesima potenza viene letteralmente usato come panacea all’irrisolta condizione di disagio esistenziale, spesso degradato e logorato da un entroterra familiare carico di problematiche: genitori assenti, separati, droga, carcere minorile, furti, eventi drammatici di emarginazione che li segnano per l’intera esistenza».

La nuovissima generazione ha fatto il salto di qualità, ne sono coinvolti anche “i rampolli” della buona borghesia, quelli che una volta erano giudicati bravi figlioli di famiglia, Il dato di questa trasgressività che deflagra di anno in anno è divenuto preoccupante. Si registrano tassi di alienazione e di degrado morali fra le fasce di famiglie benestanti, (se non addirittura ricchi), fra professionisti con un livello di vita superiore alla media. Questo ci lascia allarmati. Cosa è accaduto, dunque, ai figli del duemila? L’evento più drammatico rientra in una trasgressività latente che va a conciliarsi col desiderio dell’immaginario che è di grande impatto amorale.

La frammentazione dei ruoli, il mancato dialogo, la cattiva educazione familiare, l’accelerazione dell’ego privatissimo mal si conciliano con la dirittura morale, che viene mandata alle ortiche, a favore di empi e sempre più irriducibili assedi della ragione. Le solitudini, l’isolamento, gli esasperanti deliri delle coscienze malate smarriscono sempre più facilmente le ragioni del bene.

La società, purtroppo, è malata, manca di un piano comportamentale che si esercita già dalla prima infanzia, attraverso l’aggregazione e l’educazione ricevute in famiglia, ma la famiglia, come perno e criterio di educazione si è andata disgregando.

Saremo in grado di arginare il fenomeno? E, soprattutto, svanita l’emozione del momento, continueremo a tenere alta la tensione anche nel futuro prossimo?











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