martedì 24 settembre 2024


05/11/2019 20:59:42 - Provincia di Taranto - Attualità

«Per le prossime 24 - 48 ore Taranto sarà definita fondamentale per tutto il Paese. Poi tornerà ad essere la prostituta d’Italia»

«L’acciaio di Taranto vale l’1,4% del PIL nazionale. Nonostante ciò, la nostra città è povera, piena di disoccupati e di precari, presenta un'offerta culturale mediocre, soffre di una continua emorragia di giovanissimi e di giovani coppie, non spicca in maniera positiva in nessuna classifica su qualità della vita, turismo, reddito, indipendenza dal nucleo famigliare, ecc.

Allo stato attuale abbiamo: più morti, più emigrati, meno nascite.

I costi sanitari per ogni malato tarantino (SSN) ed i costi per gli ammortizzatori sociali per ogni operaio collocato in cassa integrazione e/o mobilità (INPS) sono a carico di tutti i contribuenti italiani.

I costi ambientali sono incalcolabili così come lo sono i costi legati al mancato guadagno di tutte le attività economiche alternative alla grande industria che sono limitate dall‘inquinamento ambientale nonché quelle iniziative di impresa che qui, per lo stesso motivo, non nascono nemmeno.

Che convenienza si ha a mantenere in attività una fabbrica vecchia, dannosa per la salute e che accumula debiti? Serve un ripensamento politico, economico e sociale su Taranto. Che offra lavoro e bonifiche ambientali. C’è bisogno di una valutazione dell’impatto e del rischio sanitario, per verificare quali siano le migliori tecnologie esistenti e quali siano i livelli di produzione compatibili con il diritto alla salute della città.

Nessun privato avrà come obiettivo la salute pubblica, visto che è già dimostrato che si tende a massimizzare i profitti, alla faccia di chi di tumore ci muore.

E gli operai? Sono morti che camminano. Ben coscienti delle condizioni in cui lavorano nonostante tutto: lavoro precario , salute a rischio. Conoscono i rischi a cui espongono innanzitutto se stessi e poi anche tutti gli altri in cambio di uno stipendio puntuale. Stanno a guardare le loro vite scorrergli davanti in cambio di qualche soldo certo. Non sono padroni nemmeno più della loro vita, sono schiavi, e come tali sono sottopagati e denigrati.

Si parla di incontri urgenti avvenuti oggi tra il premier Conte ed i ministri che hanno convocato per domani i vertici di ArcelorMittal. Conte dice che non ci sono i presupposti affinchè ArcelorMittal receda dal contratto ma ArcelorMittal gli ricorda che nel settembre 2018 (ai tempi del “miglior accordo possibile nelle condizioni peggiori possibili” definito da Di Maio ) è stata inserita una clausola al contratto del 2017 secondo cui “Il governo non consentirà la chiusura dell'Ilva".

Ma spostiamo le lancette di un anno :

L’impresa Arcelor Mittal (USA) aveva accettato di gestire l’ILVA di Taranto in cambio dell’impunità ambientale. Il decreto 1 del 2015 varato dall'allora premier Matteo Renzi al secondo articolo recita: “si esclude la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell'ILVA di Taranto in relazione alle condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale”.

Tradotto in italiano: in cambio della disponibilità ad accumulare profitti dalla produzione di acciaio, lo stato italiano permette all’acquirente dell’ ILVA di Taranto di uccidere, provocare il cancro ai polmoni di vecchi e bambini, rendere l’aria irrespirabile.

Se lo Stato italiano si azzarda a mettere in discussione questo accordo l’acquirente se ne va. Insomma tutta una cosa che ha il gusto di un ricatto.

Non una sola parola in favore di Taranto e della sua agonia, non una sola parola sui morti per lavoro o per malattia, sui nuovi casi di tumore che contiamo ogni mese, sui nostri morti che salutiamo perché troppo giovani, sulle rare patologie e le menomazioni subite da tutta la provincia. Niente.

Nessun accenno alla Costituzione Italiana, ai diritti essenziali violati. Nulla. Nemmeno in queste 24 - 48 ore in cui Taranto sarà definita fondamentale per tutto il Paese. Per poi tornare sistematicamente ad essere la prostituta d’Italia».

 

Giulia Lonoce











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