lunedì 23 settembre 2024


04/10/2020 17:18:19 - Salento - Attualità

Nella corsa globale a un vaccino in grado di fermare l’epidemia di Covid-19, sono almeno 41 le formulazioni (su 192 in tutto il mondo) che stanno affrontando la sperimentazione clinica, articolata in tre stadi: fase 1, fase 2 e fase 3. La terza, quella conclusiva, è stata raggiunta da 10 composti, tra cui il vaccino prodotto da AstraZeneca e sviluppato dall’Università di Oxford, le cui prime dosi potrebbero essere disponibili già nei prossimi mesi

Nella corsa al vaccino contro il coronavirus Sars-Cov-2, stiamo assistendo a un enorme sforzo da parte dei gruppi di ricerca di tutto il mondo, impegnati a rendere disponibili nel più breve tempo possibile i risultati dei test di efficacia e sicurezza sull’uomo. La sfida a chi taglierà per primo il traguardo è avvincente, esaltata da notizie che danno le prime dosi disponibili già nei prossimi mesi, come nel caso del vaccino prodotto dall’azienda biofarmaceutica AstraZeneca e sviluppato in collaborazione con l’Univesità di Oxford per cui in queste ore si parla della possibilità che diventi il primo vaccino contro il coronavirus ad essere approvato in Europa. Non pochi esperti hanno però messo in guardia dal rischio di affrettare i tempi, indicando la probabilità che si stiano riponendo troppe speranze su formulazioni in grado indurre risposte anticorpali non efficaci nel lungo termine. Una convinzione in parte alimentata dalla strategie utilizzate per la formulazione del farmaco stesso, come nel caso del candidato vaccino dell’azienda statunitense Moderna, sviluppato sulla base di acidi nucleici, un approccio attraverso cui finora non è mai stato approvato alcun vaccino per uso umano.

In ogni caso, solo con l’arrivo dei risultati preliminari che, oltre alla tollerabilità del composto, dovranno mostrare la prevenzione della malattia su un numero sufficiente di persone, si valuterà il rapporto tra il rischio di infezione grave e il beneficio della vaccinazione stessa: un ragionamento che in primo luogo porterà le autorità sanitarie a decidere se somministrare le prime dosi a determinati gruppi di persone, come ad esempio le categorie più esposte (medici, infermieri e operatori sanitari) nonché alle categorie più fragili e a rischio di morte, come gli anziani con patologie, in particolare nelle Rsa. In seguito, con il raggiungimento di risultati su gruppi più numerosi ed eterogenei, verrà quindi valutato se avviare una vaccinazione di massa della popolazione. Per adesso, di fronte alla pandemia di Sars-Cov-2, diverse aziende farmaceutiche hanno comunque già iniziato a produrre i loro vaccini, in modo da poter avviare la distribuzione con l’ottenimento dei primi risultati.

Come funziona il vaccino

Una volta somministrato, il vaccino simula il primo contatto con il patogeno, come il coronavirus Sars-Cov-2, inducendo la risposta immunitaria. Il sistema immunitario riconosce il preparato biologico come estraneo, sviluppando dei meccanismi di difesa specifici che hanno diversa memoria immunologia, cioè possono “ricordare” per più o meno tempo di aver incontrato quell’antigene, ovvero la sostanza riconosciuta come potenzialmente pericolosa. Nel caso del vaccino anti-Covid-19, sono in fase di sperimentazione avanzata quattro famiglie di formulazioni: vaccini a base di virus inattivati o attenutati, a base di acidi nucleici, a base di vettori virali oppure di proteine. I primi, incorporando una forma inattivata o attenuata del virus, non provocano la malattia ma, in risposta alla somministrazione, inducono la risposta sia dei linfociti B (che producono anticorpi), sia dei linfociti T helper (che producono linfociti T citotossici in grado di uccidere le cellule infettate. Esempi di vaccini in uso, sviluppati sulla base di virus inattivati o attenutati, sono il vaccino contro la poliomielite, contro la varicella, il morbillo, la parotite e la rosolia. I vaccini a base di acidi nucleici, al contrario incorporano uno o più geni del patogeno per indurre la risposta immunitaria, fornendo così istruzioni genetiche per una proteina virale che può stimolare il sistema immunitario. Analogamente, i vaccini a base di vettori virali veicolano geni di coronavirus all’interno delle cellule attraverso virus che non possono replicarsi. I vaccini a base di proteine utilizzano invece le subunità proteiche purificate o ricombinanti del virus. Tra i vaccini oggi in uso, formulati secondo questo approccio, alcuni esempi sono quello per l’influenza stagionale, per il tetano, la difterite, l’herpes zoster, l’epatite B.

Processo di approvazione

Per ottenere l’approvazione di agenzie ed enti regolatori del farmaco, un candidato vaccino deve superare la sperimentazione clinica, dimostrando di essere efficace e sicuro, ossia in grado di prevenire l’infezione o, almeno, le forme gravi della malattia, senza particolari eventi avversi dovuti alla somministrazione. Questo processo si svolge in tre fasi che differiscono per target e numero di persone su cui viene testato. La prima fase di sperimentazione clinica, nella quale decine di persone ricevono il candidato vaccino, serve soprattutto a testare la sicurezza e l’immunogenicità del farmaco, cioè la capacità di indurre la risposta immunitaria desiderata, ossia stimolare la produzione anticorpi neutralizzanti contro il coronavirus Sars-Cov-2, senza causare effetti collaterali di rilievo. Con queste due specificità si approda alla seconda fase della sperimentazione clinica, nella quale il vaccino viene testato su centinaia di persone per stabilire dosi e programma di somministrazione, valutando ulteriormente la sicurezza e la capacità del vaccino di indurre la risposta immunitaria. Infine, la fase 3 di sperimentazione, con lo studio su decine di migliaia di persone sane, dovrà dimostrare che il farmaco è in grado di prevenire l’infezione o almeno le forme gravi della malattia.

Il via libera al pieno utilizzo impegna i gruppi di ricerca in tutto il mondo, con la speranza di ottenere le adeguate risposte dalla sperimentazione clinica, i cui risultati verranno esaminati dalle autorità dei diversi Paesi che decideranno se approvare il vaccino con procedimento standard. Durante una pandemia, agenzie e enti regolatori – come la Food and Drud Administration (FDA) negli Usa, l’Agenzia europea dei medicinali (EMA) in Europa, e l’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco – possono altresì concedere autorizzazioni per l’uso di emergenza prima dell’approvazione finale.

Rischi del vaccino

Con i termini “vaccino sicuro” e “vaccino efficace” ci riferiamo a una formulazione che non abbia particolari effetti collaterali e che sia in grado di stimolare una risposta immunitaria protettiva nei confronti del patogeno. Le reazioni avverse non possono, però, essere completamente escluse, come per tutti i farmaci. Diverso è quando parliamo di eventi avversi indesiderati, come recentemente accaduto nel corso sperimentazione clinica del candidato vaccino di AstraZeneca/Università di Oxford, in seguito alla comparsa di un evento avverso in uno dei volontari su cui è stato testato.

I medici che operano la vaccinazione sono tenuti a comunicare l’insorgenza di eventi avversi – classificati in base alla localizzazione (locale o sistemica) e alla gravità (entità e durata) – , la cui comparsa può essere indotta dalle caratteristiche del vaccino o da una diversa risposta individuale, da errori tecnici nella preparazione o somministrazione, oppure correlata ad altre cause o patologie preesistenti. In Italia, i Centri regionali di Farmacovigilanza integrano il Sistema nazionale di sorveglianza, in particolare nell’attività di informazione di ritorno sull’uso di farmaci nella pratica clinica.

I rischi più comuni della vaccinazione possono essere rappresentati da spasmi respiratori, più tipici nei bambini piccoli, crisi d’ansia e svenimento, ipotonia e manifestazioni di ipersensibilità al farmaco. Parliamo invece di anafilassi sia quando i sintomi si limitano ad eruzioni cutanee e/o a un rigonfiamento del punto di iniezione, sia quando determinano sintomi cardiorespiratori e neurologici, coinvolgendo altri sistemi o apparati, fino allo stato di shock anafilattico. Il protocollo di intervento nelle reazioni anafilattiche comprende dotazione farmacologica, schemi di dosaggio e vie di somministrazione di adrenalina, antistaminici, cortisonici e broncodilatatori, oltre che oltre di materiali (disinfettante, cotone, guanti, siringhe) e strumenti per infusione e sostegno alla respirazione.

Quando arriverà?

Storicamente, il processo di sviluppo e approvazione dei vaccini attualmente registrati è durato in media una decina di anni. Per il vaccino contro la varicella, ad esempio, sono serviti oltre vent’anni di sperimentazione per arrivare a una formulazione sicura ed efficace. Per il vaccino esavalente (difterite, tetano, pertosse, polio, influenza di tipo B ed epatite) sono invece bastati “appena” undici anni. Quindici anni, d’altra parte, il tempo necessario per arrivare a un vaccino per il papillomavirus (Hpv) e per i rotavirus, un genere di virus a RNA noti per essere la principale causa delle gastroenterite virale nei bambini.

Nel caso del vaccino contro il coronavirus Sars-Cov-2, l’obiettivo dei ricercatori è 18 mesi, un traguardo decisamente ambizioso considerando i tempi finora impiegati dalla ricerca per l’approvazione di nuovi farmaci. Su 192 candidati vaccini per il Covid-19, 41 sono giunti allo stadio di sperimentazione clinica, di cui 10 stanno affrontando la fase 3, quella conclusiva. Se gli studi confermeranno gli auspici, le prime dosi di vaccino potrebbero essere disponibili già nei prossimi mesi.

Fase 3

Astrazeneca / Università di Oxford

Tra i più avanzati nella sperimentazione, c’è il candidato vaccino ChAdOx1 nCoV-19 prodotto dalla società svedese-britannica AstraZeneca in collaborazione con l’Università di Oxford e l’azienda italiana Advent-Ibm di Pomezia, sviluppato sulla base di vettori virali (adenovirus di scimpanzé) che trasportano la proteina Spike di Sars-Cov-2. Dopo lo stop dei test clinici per la comparsa di un evento avverso in uno dei 50mila volontari, la sperimentazione clinica è ripresa in Brasile e nel Regno Unito, rimanendo nel frattempo sospesa negli altri siti coinvolti nello studio (India, Sud Africa e Stati Uniti). Con i dati preliminari, l’Agenzia europea dei medicinali (EMA) ha già iniziato a valutare l’iter di approvazione mentre AstraZeneca ha indicato che, a seconda dei risultati, potrebbe essere in grado di iniziare a fornire vaccini di emergenza entro la fine dell’anno. Parallelamente l’Unione europea ha raggiunto un accordo per 400 milioni di dosi, così come fatto anche dal Regno Unito e gli Stati Uniti per circa 700 milioni di dosi. Sempre nel Regno Unito, i funzionari sanitari sono al lavoro sul lancio di un programma di immunizzazione di massa entro i prossimi tre mesi che garantirà ad ogni adulto una dose di vaccino.

Moderna / NIAID

Tra i candidati vaccini basati su acidi nucleici, in prima linea c’è quello sviluppato dall’azienda di biotecnologie statunitense Moderna in collaborazione con i National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), per il quale i test clinici di fase 3 sono iniziati lo scorso 27 luglio. Complessivamente, la sperimentazione prevede l’arruolamento di circa 40mila volontari in 89 diversi siti degli Stati Uniti e include la somministrazione di due dosi di mRNA-1273 (questo il nome del candidato vaccino) a distanza di 28 giorni una dall’altra. Per raggiungere dati preliminari di efficacia e sicurezza, che dovranno indicare prevenzione della malattia in giovani e adulti sani, bisognerà attendere la fine del 2020 o l’inizio del 2021. Saranno poi le autorità sanitarie a decidere se autorizzare l’uso di emergenza e concedere il via libera alla somministrazione delle prime dosi.

BionTech / Pfizer

Un altro candidato vaccino basato su acidi nucleici è quello sviluppato dall’azienda tedesca BioNTech in collaborazione con Pfizer. Si tratta di un vaccino a mRNA, chiamato BNT162, testato in uno studio clinico di fase 3 su 30mila volontari, arruolati negli Stati Uniti e in altri Paesi, tra cui Argentina, Brasile e Germania. Nel settembre scorso, Pfizer ha comunicato che entro il mese di ottobre saranno disponibili i dati preliminari della sperimentazione, dichiarando di poter produrre oltre 1,3 miliardi di dosi entro il 2021. L’Unione Europea si è assicurata l’acquisto di 200 milioni di dosi, mentre l’amministrazione Trump ha assegnato un contratto da 1,9 miliardi di dollari per 100 milioni di dosi entro dicembre, con l’opzione per altre 500 milioni di dosi nel 2021.

CanSino Biological Inc./ Istituto di Biotecnologie di Pechino

Il candidato vaccino, chiamato Ad5-nCoV e sviluppato dalla società cinese CanSino Biological in collaborazione con l’Istituto di Biotecnologie dell’Università di Pechino, è entrato in fase 3 di sperimentazione già alla fine di giugno, con una somministrazione su larga scala nei militari dell’esercito cinese. I risultati dei test clinici di fase 1 e 2 hanno parlato di un prodotto sicuro e capace di indurre una risposta immunitaria contro il coronavirus Sars-Cov-2: basato vettori virali (adenovirus umano) che veicolano geni del patogeno che inducono una risposta immunitaria, il vaccino è già stato approvato come “farmaco particolarmente necessario” dalla Commissione militare cinese che ha riportato di una sperimentazione della durata di un anno su 40mila militari. A partire da agosto, CanSino ha iniziato a eseguire i test di fase 3 in diversi Paesi, inclusa l’Arabia Saudita, il Pakistan e la Russia.

Gamaleya Research Institute

Basato sempre su vettori virali non replicanti (adenovirus umani), il vaccino russo Gam-Covid-Vac, ribattezzato “Sputnik V” dal presidente Vladimir Putin, è entrato in sperimentazione lo scorso giugno. I test clinici, inizialmente previsti su 2mila persone, sono stati ampliati a 40mila volontari che riceveranno due dosi di vaccino (o placebo) a distanza di 21 giorni dalla prima vaccinazione. La formulazione, una combinazione di due adenovirus Ad5 e Ad6, entrambi progettati con un gene del coronavirus, ha dimostrato di produrre anticorpi negli studi di fase 1 e 2, rivelando la comparsa di lievi effetti collaterali. Nel frattempo, la Russia ha negoziato accordi per fornire il vaccino a Paesi come il Brasile, il Messico e l’India .

Johnson & Johnson

I belgi di Jassen Vaccines (Johnson & Johnson) hanno lanciato lo scorso settembre i test clinici di fase 3 del vaccino Ad26.COV2.S, basato anche in questo caso su vettori virali (adenovirus umani), in 60mila volontari di età pari o superiore ai 18 anni in tre diversi Continenti.  In seguito promettenti ai risultati ottenuti nei test di fase 1 e 2, i partecipanti allo studio di fase 3 stanno ricevendo due dosi di vaccino (o placebo) a distanza di 56 giorni una dall’altra. I dati preliminari di efficacia e la sicurezza potrebbero arrivare entro la fine dell’anno, e se saranno quelli sperati, il colosso statunitense conta di produrre almeno un miliardo di dosi nel 2021.

Novavax

Suscita interesse il vaccino Nvx-CoV2373 della società americana Novavax, basato su proteine di Sars-Cov-2, l’unico tra quelli attualmente in fase 3 sviluppato con una tecnica ben nota e utilizzata per diversi vaccini già in uso (per esempio contro l’influenza e il tetano). Dopo aver ottenuto risultati incoraggianti negli studi di fase 1, Novavax ha lanciato lo scorso agosto i test clinici di fase 2 in Sud Africa su circa 3mila persone e, a fine settembre, lo studio di fase 3 su 10mila volontari nel Regno Unito, che dovrebbe fornire i primi risultati all’inizio del 2021. Test clinici più ampi sono in fase di sviluppo per il lancio della sperimentazione negli Stati Uniti nel mese di ottobre. Se le prove avranno successo, Novavax prevede di fornire le prime dosi entro il primo trimestre del 2021. La Commissione Europea, nel frattempo, ha formalizzato un accordo che consentirà agli Stati membri di acquistare fino a 300 milioni di dosi di questo vaccino.

Sinovac

Chiamato CoronaVac, il vaccino messo a punto dalla società privata Sinovach Biotech, è uno dei tre candidati, tutti e tre cinesi, sviluppato con la tecnica dei virus inattivati per cui è stata avviata la fase 3 di sperimentazione clinica. Il risultati dei test di fase 1 e 2 su 743 volontari hanno indicato che la formulazione ha indotto una risposta immunitaria specifica contro Sars-Cov-2 senza eventi avversi gravi. Dati che hanno spinto le Autorità cinesi a concedere al vaccino Sinovac un’approvazione di emergenza per uso limitato. Al contempo, se i dati preliminari della sperimentazione daranno gli esiti sperati, la società partirà con la distribuzione del vaccino, prevedendo di poter fornire dosi su scala globale a partire dal 2021.

Wuhan / Sinopharm

L’institute of Biological Products di Wuhan ha sviluppato un vaccino virale inattivato che la società statale cinese Sinopharm ha inserito nella sperimentazione clinica. Gli studi di fase 1 e 2 hanno mostrato che il preparato ha indotto la produzione di anticorpi neutralizzanti nei volontari, alcuni dei quali hanno manifestato febbre e altre reazioni avverse. La sperimentazione clinica di fase 3 è iniziata negli Emirati Arabi Uniti lo scorso luglio e il mese successivo è partita anche in Perù e Marocco. A metà settembre gli Emirati Arabi Uniti hanno concesso l’autorizzazione all’uso di emergenza del vaccino (2 dosi a distanza di 21 giorni) negli operatori sanitari.

Beijing Institute of Biological Products / Sinopharm

Sinopharm sta testando anche un secondo candidato vaccino, sempre basato su virus inattivati, sviluppato dai ricercatori dell’Istituto dei Prodotti biologici di Pechino. Dopo i primi studi clinici in Cina, la società ha avviato la sperimentazione di fase 3 negli Emirati Arabi Uniti e in Argentina per valutare sicurezza ed efficacia protettiva su 15mila volontari sani. Come nel caso del vaccino dell’Istituto di Wuhan, gli Emirati Arabi Uniti hanno concesso l’autorizzazione all’uso d’emergenza negli operatori sanitari.

Fase 2

Anhui Zhifei Longcom

Il vaccino della società cinese Anhui Zhifei Longcom, divisione della Chongqing Zhifei Biological Products, è basato su proteine virali e un adiuvante che stimola il sistema immunitario, con un programma di somministrazione che prevede test clinici su oltre 900 volontari che, a seconda del braccio di studio, riceveranno ciascuno due o tre dosi di vaccino (o placebo) dopo 28 e 56 giorni dalla prima somministrazione.

CureVac

Sempre in fase 2 di sperimentazione si trova anche il vaccino di CureVac che nel mese di settembre ha lanciato i test clinici di un vaccino a mRna, pianificando uno studio di fase 3 entro la fine del 2020. CureVax collabora con la società Tesla di Elon Musk per la realizzazione di “micro-fabbriche” di mRNA che potranno essere localizzate in tutto il mondo per produrre miliardi di dosi. Per adesso, l’azienda biofarmaceutica tedesca ha dichiarato che potrà produrre 100 milioni di dosi entro la fine del 2020, sperando di ottenere l’approvazione entro il 2021.

Fasi combinate 1/2

Per accelerare lo sviluppo, altri 11 candidati vaccini hanno invece avviato la sperimentazione in fasi combinate, 1 e 2, nelle quali vengono testati per la prima volta su centinaia di persone.

Di questi, tre sono sviluppati sulla base di virus inattivati: quello dell’Istituto di Biologia medica dell’Accademia cinese delle Scienze mediche (che ha sviluppato anche i vaccini per la poliomelite e l’epatite A), quello dell’Istituto di Ricerca per i problemi di sicurezza biologica della Repubblica del Kazakistan, e quello della Bharat Biotech, società indiana che ha progettato un vaccino chiamato Covaxin. Altra strada che si sta cercando di percorrere è quella delle cosiddette VLP, particelle virus-simili ma non infettive, su cui è al lavoro la SpyBiotech, società scorporata dall’Università di Oxford che nel mese di settembre ha avviato i test clinici sui primi volontari.

A completare l’elenco dei vaccini che stanno affrontando la sperimentazione in fasi combinate, altri cinque vaccini basati acidi nucleici del coronavirus Sars-Cov-2: quello dell’americana Inovio, che viene somministrato per elettroporazione, quello della società di biotecnologie giapponese AnGes in collaborazione con l’Università di Osaka e la Takara Bio, quello del produttore indiano Zydus Cadila e quello della società coreana Genexine, tutti costituiti da frammenti di DNA ottenuti da geni del coronavirus Sars-Cov-2. Basato invece su RNA, il candidato vaccino messo a punto dall’azienda californiana Arcturus Therapeutics in collaborazione con la Duke-NUS Medical School e caratterizzato da una strategia autoreplicante che dovrebbe portare a una maggiore produzione di proteine virali e quindi a una maggiore risposta immunitaria.

D’altra parte, formulati sulla base di proteine virali, altri due candidati vaccini: quello sviluppato da Sanofi/GSK per cui nel mese di settembre sono partiti i test clinici su un totale di 440 adulti sani in 11 siti di sperimentazione negli Stati Uniti, e quello della Kentucky BioProcessing, filiale americana di British American Tobacco.

Fase 1

Altri 18 candidati vaccini stanno attualmente affrontando la sperimentazione clinica di fase 1. Una delle formulazioni più promettenti è quella sviluppata in Italia dall’azienda ReiThera, sostenuta con fondi della Regione Lazio, del Ministero della Salute, della Ricerca e del CNR, i cui test clinici sono partiti sui primi 90 volontari presso l’Istituto di Malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e il Centro di ricerche cliniche di Verona. Denominato GRad-Cov-2, questo vaccino è basato su vettori virali (adenovirus di gorilla) che codificano per la proteina virale Spike, inducendo la produzione di anticorpi neutralizzanti.

Basate su vettori virali non replicanti, anche le formulazioni sviluppate dall’Istituto cinese di Biotecnologie dell’Accademia militare delle Scienze Mediche, dall’Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera e dalla Vaxart, piccola azienda statunitense con sede a San Francisco che sta lavorando su un vaccino a somministrazione orale contro il Covid-19, contenente lo stesso vettore virale (Ad5) utilizzato nel vaccino di CanSino e nello Sputnik V. Al contrario, altri due vaccini in corso di sperimentazione clinica sono basati su vettori virali replicanti, nove su proteine, due su acidi nucleici e uno su VLP.

 

Fonte: rete











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