lunedì 30 settembre 2024


01/05/2010 10:29:22 - Manduria - Attualità

Il I° Maggio tra contraddizioni e conferme

Se lo dice l’articolo 1 della Costituzione, al comma 1, ci dobbiamo credere! A che cosa? Che l’Italia sia una Repubblica democratica fondata sul lavoro, crisi occupazionale a parte naturalmente.
Cento anni e passa di festa del lavoro, importata da Parigi nel 1889 e confermata il primo maggio 1891 ovunque per ricordare le lotte per il riconoscimento di diritti fondamentali, gli scontri tra forze dell’ordine e manifestanti di tutto il mondo allineati contro i padroni, le tante perdite di vite umane dovute alla mancanza delle elementari
norme di sicurezza sul lavoro di ieri e di oggi, tra sospensioni storiche temporanee  e rinvigorite riedizioni al passo coi tempi. Eppure il mondo intero si ferma per festeggiare il lavoro, riempiendo piazze, alimentando dibattiti, giustificando concerti, mettendo insieme forme di linguaggio diverse per ricordare, in nome e per conto della dignità umana, che il lavoro è un diritto per tutti, per ciò che garantisce, per ciò che consente di realizzare, per i sogni che rende raggiungibili.
E per quanto la ricorrenza marchi, ahimé, ulteriormente la distinzione tra chi gode di un'attesa opportunità di rinvigorire le forze ormai in rosso, e chi di forze se ne sente troppe insieme alla fiumana di tempo da cui viene ingoiato, trascorso tra improbabili
colloqui, agenzie interinali, contratti dalle diciture da  parole crociate, mentre la vita trascorre in stand by, vale la pena viversi il I° Maggio fino in fondo nell'attesa che “domani sia un altro giorno”, delegando alla speranza il ruolo di tenere in rianimazione costante stati d’animo da infarto. E festa del lavoro sia pure, ma con la mente rivolta a tante famiglie all’orlo del precipizio, ai tanti casi di cronaca, ultimo atto di vicende consumate sui tetti delle fabbriche al freddo ed al gelo, che riempiono la nostra
quotidianità e di cui l’informazione diviene la sostanza e la forma di prime pagine che non si vorrebbero mai scrivere, mentre i grafici delle statistiche della disoccupazione ci inducono a dare i numeri al di là di ogni metafora.
L’augurio della nostra redazione giunga in particolare a quanti si sono abituati a guardare al lavoro come una chimera e che da spettatori forzati guardano a quell’immenso palcoscenico che è la vita con disillusione e sfiducia, affinché la garanzia di un’occupazione possa restituire il diritto a vivere la vita e non a subirla.

Mimmo Palummieri










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