lunedì 30 settembre 2024


08/07/2010 19:05:53 - Manduria - Attualità

Dichiaro aperta la seduta

Se il grado di sviluppo di una società si misura dalla sua capacità di soddisfare ogni bisogno dell’ultimo uomo che rappresenta, allora è da considerarsi un dato senz’altro involutivo la crescita esponenziale delle cause che quotidianamente si dibattono davanti ai giudici, nelle aule dei tribunali, delle preture nelle sezioni dei giudici di pace, in tv, svendendo la legge a casalinghe impossibilitate a sostenere le parcelle.
«E’ questione di principio»: questa la giaculatoria reiterata sino all'inverosimile per autoconvincersi della fondatezza delle proprie opinioni, causa di lungaggini burocratiche, alla base di processi civili o penali, estenuanti e dispendiosi, celebrati al solo scopo di sentirsi dire “hai ragione” dal giudice incaricato della causa, per soddisfare il nostro ego e per godere del rosicare altrui.
Così..., si assiste, alla trasformazione poco fisiologica del sangue divenire acqua, in cui si  risciacquano sentimenti compressi all'interno di fascicoli depositati negli archivi giudiziari, riconoscibili da un numero di protocollo più che da un cognome, che trasforma la catena genetica del DNA, in una catena del fallimento della ragione umana. L’analisi sociologica che tratteggia il vivere comune di questi ultimi anni si teorizza attraverso il numero di macchine che crescono a dismisura nei giorni topici, quelli tanto per intenderci destinati ai processi; cancellieri, periti di parte, avvocati, giudici e relativi assistiti, che, con la complicità di una pausa caffè, mentre esplodono gli ultimi colpi della causa in dibattimento, mettono a punto le tesi difensive, tra gli sguardi spesso inconsapevoli, di chi dentro di sé pensa: “fai tu, sennò che ti pago a fare”, mentre la giostra dei legami familiari messi alla gogna prima ancora di passare alla ghigliottina di codici, norme, comma, articoli di legge imperiali da abrogare, gira imperterrita ingoiando fotoricordo, asciugamani condivisi, lenzuola calde di intimità, congelate da iceberg di indifferenza.
Il muro vs muro di Kramer contro Kramer diviene perciò la metafora di rapporti non più
privati, ma pragmaticamente attuali, sin troppo pubblici, finiti in bacheca, alla portata di tutti, offerti al  voyeurismo autorizzato tra la conta delle vittime e quelle delle spese da sostenere, un bilancio di merci di scambio da monetizzare, prima di voltarsi le spalle per sempre, come se la vita fosse destinata a durare in eterno. La stretta di mano, segno e simbolo di un tempo memore di rapporti dominati dalla serietà, dal rispetto altrui, dalla fiducia, ormai solo un anacronistico residuato bellico che non fa più testo: i tempi, è noto, sono cambiati....
L’onore e rispetto di mafiosa maniera, tanto osannato dalle fiction e dalla cinematografia, un tarlo che consuma rapporti e vincoli nel baratro del tempo scaduto. E se da più parti si va a caccia di tesi a sostegno di una prossima, quanto temuta, fine del mondo fissata per il 2012, vale anche la pena chiedersi se quella fine lentamente, ma inesorabilmente, non ci abbia già posseduti vanificando qualsiasi rito di esorcismo. Rinsavire?
Proprio no, eh!!!!!

Mimmo Palummieri










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