sabato 10 maggio 2025


04/03/2025 09:22:51 - Manduria - Attualità

Adele era raggiante e il suo volto rifletteva tutta la sua felicità: Gregorio era finalmente accanto a lei, sano e salvo dopo gli orrori della guerra

Quando Gregorio apprese dai notiziari di guerra che Castel Benito era stato bombardato dagli Alleati, ringraziò Dio per essere scampato alla morte. Nel dicembre 1942, i bombardieri britannici e americani distrussero gli aeroporti libici durante la campagna alleata nel deserto occidentale. Tuttavia, la sconfitta a El Alamein, avvenuta nello stesso anno, segnò la ritirata definitiva delle truppe dell’Asse, culminando con la caduta di Tripoli nel gennaio 1943.

Gregorio prestava servizio nella sua nuova destinazione: l’aeroporto di Manduria. Operativo dal 1940 e designato militarmente come numero 466, l’aeroporto serviva come base di transito per il trasferimento degli aerei verso le zone di guerra. Più ampio rispetto a quello di Tripoli, il campo intensificò le sue attività durante la campagna di Grecia, con un uso particolare dei ricognitori Cant Z1007 e Z1007 bis per la sorveglianza marittima. Circondato da uliveti, era strategicamente nascosto e difficile da individuare per il nemico.

Quei mesi invernali del 1941 furono insolitamente rigidi. Raramente nevicava a quelle latitudini, ma quell’anno questo fenomeno meteorologico si verificò più volte nella zona. I manduriani cercarono di difendersi dal freddo approvvigionandosi di legna da bruciare nei camini. Alcuni, non potendosela permettere, si arrangiavano andando 'allo sbrattu', raccogliendo rami secchi, pezzi di legno e residui di potature trovati nei terreni, spesso incolti. Per molti, raccogliere legna da ardere o verdure selvatiche nei campi divenne quasi un passatempo, poiché in quella stagione il lavoro in campagna scarseggiava e molti braccianti restavano inattivi. Il tempo trascorreva lentamente nella cittadina messapica, mentre le notizie provenienti dagli scenari di guerra erano sempre più sconfortanti. L’inquietudine cresceva tra quella sventurata gente. Alcune madri piangevano i figli morti al fronte, altre mogli piangevano i propri mariti; altre ancora, invece, non avevano notizie dei loro cari: forse dispersi, forse prigionieri in qualche campo nemico. Tuttavia, quelle madri e mogli che dovevano accudire i figli rimasti a casa si adoperavano affinché la vita dei loro piccoli continuasse al meglio, nonostante la miseria e le difficoltà causate dalla guerra.

Adele era raggiante, e il suo volto rifletteva tutta la sua felicità: Gregorio era finalmente accanto a lei, sano e salvo dopo gli orrori della guerra. I due progettavano di convolare a nozze. Lei non avrebbe più dovuto occuparsi dei suoi fratelli e del padre, poiché la secondogenita, Pina, ormai adolescente, avrebbe preso il suo posto nel curarsi della casa e della famiglia.

E così, tra difficoltà e speranze, la vita a Manduria continuava. La guerra gettava un’ombra lunga sulle giornate di tutti, ma le piccole gioie quotidiane, come il ritorno di una persona cara o la promessa di un futuro insieme, accendevano una luce nel buio. Adele e Gregorio sapevano che il loro amore era un rifugio, un luogo sicuro in cui trovare conforto, nonostante il fragore del mondo.

La primavera era alle porte, e con essa la promessa di giorni più miti, di cieli meno cupi. Gregorio, guardando Adele negli occhi, le sussurrò: "Finché saremo insieme, ce la faremo." Lei sorrise, stringendogli la mano, e insieme immaginarono un futuro in cui la guerra sarebbe stata solo un ricordo lontano, e la loro vita, semplice ma piena d’amore, avrebbe finalmente avuto inizio.

Giunse l’estate e i due si sposarono. La cerimonia si svolse all’interno dell’aeroporto militare. Gregorio indossava con disinvoltura l’elegante uniforme da aviere, mentre Adele sfoggiava un candido abito con un lunghissimo velo nuziale, che strisciava sul pavimento in calcestruzzo impolverato all’interno dell’aviorimessa .

Il sole arroventava le lamiere della struttura in quella caldissima giornata di metà agosto, mentre dalle due aperture laterali si insinuavano leggeri aliti di vento, che alleviavano l’afa di quell’enorme edificio metallico. All’ingresso dell’hangar, allestito per l’occasione come luogo di culto, erano schierati alcuni soldati. Il sergente Uberti, un uomo dai folti baffi e dall’espressione glaciale, sguainò la spada in aria e ordinò al picchetto d’onore, composto da sei uomini, di rendere omaggio al passaggio degli sposi, visibilmente emozionati. La messa nuziale, officiata dal cappellano militare, un giovane sacerdote dal volto glabro e dalla corporatura minuta, fu breve ma intensa, permeata da un’atmosfera di profonda spiritualità. Ai lati dell’altare si trovavano due velivoli, custoditi nei loro stalli. Le eliche dei bimotori, che scendevano quasi a livello d’uomo, sfioravano la tavola liturgica, decorata soltanto da un lenzuolo bianco e da qualche paramento sacro.

Nel frattempo, sulla pista di rullaggio si udiva il fragoroso rombo dei motori di alcuni Cant Z pronti al decollo. Su uno di quei bimotori si trovava il tenente Vittorio Errante, un giovane pilota pluridecorato e concittadino degli sposi. Prima di partire per una missione, Vittorio compì alcune evoluzioni a bassa quota sopra l’hangar, in segno di saluto agli sposi. Dal finestrino della cabina di pilotaggio lanciò una moltitudine di bigliettini bianchi con la scritta: “Viva gli sposi”, alcuni dei quali fluttuarono fino a cadere all’interno della struttura, suscitando entusiasmo e commozione tra i presenti.

Un frugale rinfresco con i commilitoni della base aerea fu allietato da una piccola band improvvisata, composta da soldati musicisti. Come regalo di nozze, a Gregorio fu concesso un periodo di tre giorni di licenza, che gli sposi trascorsero in un romantico rifugio: una casa di campagna di proprietà dello sposo. La dimora, una villa signorile in stile Belle Époque, con un terreno coltivato a vigneto e un vialetto alberato, si trovava a pochi chilometri da Manduria.

Nove mesi dopo, Adele diede alla luce un bambino, che fu chiamato Giovanni in onore del nonno paterno. La donna mise al mondo diciotto figli, molti dei quali, purtroppo, non sopravvissero a causa di malattie contratte nei primi mesi o anni di vita. Quando ella non era incinta, soffriva di calvizie, una condizione che, sorprendentemente, scompariva durante le gravidanze. Durante la gestazione, inoltre, Adele non restava inattiva: benché avesse ricevuto un'istruzione limitata, avendo frequentato la scuola fino alla quinta elementare, impartiva lezioni private di doposcuola e, con il pancione, sostenne persino gli esami per la patente di guida, oltre ad andare a raccogliere il tabacco nelle tenute del suocero. Dopo l’8 settembre 1943 e la cacciata delle truppe tedesche dal Sud Italia, l’aeroporto militare di Manduria passò sotto la gestione operativa degli americani. Gregorio svestì l’uniforme di aviere e fu assunto come impiegato dello stato civile presso il municipio della città messapica. Trent’anni dopo, l’uomo fu colpito da un male incurabile che, dopo lunghi mesi di agonia, lo condusse alla morte.

Adele, che da giovane aveva accudito i suoi fratelli dopo la prematura scomparsa della madre, si trovò, questa volta come madre, a occuparsi da sola dei suoi cinque figli, gli ultimi nati e unici sopravvissuti, tutti ancora minorenni. La famiglia visse in condizioni di estrema difficoltà economica, ma Adele, con grande sacrificio, riuscì a provvedere ai bisogni dei figli, come era solita fare, talvolta lavorando a giornata.

Il ricordo dell’amato marito e il dolore per la sua perdita solcavano il cuore di Adele. Tuttavia, la donna non poteva permettersi di indulgere nel dolore né di evocare costantemente la sua memoria: le sue frenetiche giornate erano interamente dedicate ai bisogni dei figli, ai quali impartì un’educazione esemplare.

Adele visse a lungo e, all’età di novantadue anni, raggiunse il marito in cielo, quando la sua missione di madre si era ormai conclusa, con i figli ormai cresciuti e autonomi. Sulla lapide dell’unico uomo della sua vita volle incidere queste parole:

"Ti ho tanto amato, ora più di prima".

Nello stesso loculo del marito venne poi sepolta anche Adele, e i figli, in segno di gratitudine per l’amore e i sacrifici dei genitori, aggiunsero una dedica sulla loro tomba:

"Il vostro amore ha dato forza alle nostre vite. Per sempre insieme, come avete sempre desiderato".

 

Dedicato ai miei genitori, che da lassù mi hanno ispirato a raccontare la loro straordinaria vita.

 

Walter Pasanisi

 

Note: Alcuni eventi e personaggi descritti in questo racconto sono autentici, mentre altri sono frutto della fantasia.











img
Cucina d'asporto e Catering
con Consegna a domicilio

Prenota Ora