lunedì 30 settembre 2024


10/02/2009 19:22:16 - Manduria - Attualità

Due anni di lavoro per sgominare un clan emergente

 
Due anni di lavoro per sgominare un clan che cercava di assumere il controllo dello spaccio di sostanze stupefacenti in una piazza, quella di Manduria, libera. Un gruppo, che faceva capo alla famiglia D’Amore, che “importava” la droga (a volte anche tre chili per viaggio) dalla vicina Torre Santa Susanna e, in particolare, da un’altra famiglia “alleata”, quella dei Bruno, seconda una precisa organizzazione: c’era il “corriere” (secondo l’accusa Cesarino Fugazzaro), e c’erano i luogotenenti, che provvedevano a rifornire di sostanze stupefacenti (cocaina e in particolare eroina) i tossicodipendenti non solo di Manduria, ma anche di diversi centri limitrofi, con proiezioni anche nei comuni confinanti del leccese.
Nel corso della mattinata, il dirigente del Commissariato di Polizia di Manduria, dott. Annicchiarico, e il capo della Squadra Mobile di Taranto, dott. Abis, hanno illustrato i particolari dell’operazione denominata “Scacco alla torre”.
«Un brillante risultato, che spazza via da Manduria un clan emergente, ottenuto grazie ad un laborioso lavoro della Polizia Giudiziaria del Commissariato di Manduria: sezione che è composta da cinque persone, con me, quindi, sei in tutto» ha annunciato il dott. Annichiarico, dirigente del Commissariato di Polizia della città messapica, che vediamo nella foto in basso durante la conferenza stampa.
Un lavoro che non è stato facile.
«Ci siamo serviti delle intercettazioni, sia telefoniche che ambientali, per ricostruire la mappa del clan. Ma periodicamente questa gente, sempre sull’allerta, provvedeva alla “bonifica” sia delle auto che delle abitazioni: temevano, cioè, di essere intercettati».
E proprio per questo timore, Andrea Bruno, pastore di Torre Santa Susanna, quando parlava di droga al telefono mutuava termini dalla sua attività lavorativa.
«Parlava di ricotta e formaggio per indicare sostanze tossicodipendenti diverse» ha reso noto il dott. Annicchiarico. «Ma in qualche circostanza ha fatto riferimento anche a “ricotta bianca”, che esiste in commercio, e a “ricotta nera”, che invece non esiste. Un particolare che ha confermato l’impressione che abbiamo subito avuto: utilizzava un linguaggio in codice».
Anche la famiglia manduriana dei D’Amore abitava in una masseria, in zona Specchiarica, non molto distante dal fiume Chidro. Una masseria che aveva un particolare, che poi ha dato il nome a tutta l’operazione: una torretta d’avvistamento.
«La famiglia D’Amore utilizzava questa torretta per evitare di essere sorpresi dalle forze dell’ordine. C’era sempre una vedetta per controllare che nella zona non ci fosse gente indesiderata. Ma noi siamo riusciti ad entrare più volte nella masseria senza che se ne accorgessero. O, forse, se ne saranno accorti solo dopo la nostra “visita”. Anche nell’irruzione dell’altra notte, uno dei figli del D’Amore, Piero, ha tentato di disfarsi di una pistola, buttandola dall’altra parte del muro di cinta. Pur avendo un nostro uomo che controllava la zona, siamo stati fortunati: la pistola si è fermata su una pala di una pianta di fichi d’India: se fosse caduta dentro la pianta, difficilmente l’avremmo più recuperata».










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