lunedì 30 settembre 2024


23/11/2008 00:00:00 - Manduria - Attualità

“Don Luigi, un caso di sociologia religiosa e civile”

 
Lo ha definito un “caso di sociologia religiosa e civile”. Nel suo articolato e profondo intervento, l’on. Domenico Maria Amalfitano ha preso letteralmente per mano i presenti e li ha condotti in un suggestivo viaggio alla riscoperta di un uomo e di un sacerdote straordinario: don Luigi Neglia, scomparso trent’anni fa, ma ancora attualissimo nei cuori di quanti l’hanno conosciuto.
«Ho un solo titolo per parlare di lui: l’amicizia e il rapporto intenso che avevo con don Luigi negli ultimi anni della sua vita» ha affermato l’on. Amalfitano, apprezzato anche per l’orazione funebre che tenne nel giorno del funerale dell’arciprete di Manduria. «Condivido il bisogno di narrare don Luigi. Narrare la sua testimonianza, una sorta di catechesi come narrazione. Nella mia memoria ricordo di don Luigi soprattutto i suoi occhi. Ho letto la sua sofferenza, negli ultimi mesi, attraverso i suoi occhi. Così come ho capito del rapporto eccezionale con i manduriani quando ho visto il loro volto mentre venivano a dare l’ultimo saluto a don Luigi, il cui corpo fu esposto in chiesa».
Poi l’on. Amalfitano ha tratteggiato il carattere e l’opera di don Luigi scavando nel tempo.
«E’ un prete che si è fatto popolo» ha affermato l’on. Amalfitano. «Straordinaria è stata la sua capacità di entrare dentro la gente: anche se non c’è più, resta nel dna della comunità. Parlare di don Luigi è come una nostalgia del futuro: la sua meta sociale e pastorale è ancora davanti a noi. Parlando di lui, non si evoca affatto una cosa che c’era e non c’è più. Non è insomma una nostalgia del passato, ma una nostalgia di futuro».
Poi si è soffermato su alcuni aneddoti.               
«Ricordo che un giorno, uno dei suoi ultimi giorni, mi disse: “Non posso più leggere i libri, ora leggo i volti della gente”. Ecco, credo che la storia di don Luigi si possa anche fare andando a studiare la sua biblioteca. Egli ha sempre programmato in funzione degli altri: mai ha pensato all’autoreferenza. Non è stato un demagogo, non ha fatto populismo facile. Ricordo che nel suo ultimo discorso, pur davanti al vescovo, egli volle ringraziare prima la gente presente in chiesa, poi il vescovo (“Tanto il vescovo è d’accordo”, disse, anche se io non credo che lo fosse). Per lui veniva prima la Chiesa intensa come mistero, quindi il popolo di Dio e, infine, la gerarchia ecclesiastica».
L’on. Amalfitano ha ancora ricordato la sua casa umile ma accogliente, una casa, insomma, “francescana”.
«Accogliente nel segno dello spirito e della vocazione salesiana di don Luigi, che si è sempre ispirato ad una frase di San Giovanni Bosco: “Dammi le anime e toglimi tutto il resto”».
L’on. Amalfitano ha ricordato anche delle opere di don Luigi: il restauro della chiesa Madre, le opere parrocchiali e il villaggio del fanciullo.
«Un giorno, durante una visita di un vescovo a Manduria, don Luigi arrivò in ritardo. Si scusò e poi si giustificò: “C’era in atto un conflitto di Giuda nel municipio: non riuscivano a mettersi d’accordo per fare l’Amministrazione. Sono andato per rimettere tutti insieme…”».
Poi Amalfitano si è chiesto: come mai don Luigi non è diventato vescovo?
«Se lo chiese anche l’allora vescovo di Nardò, mons. Mennonna. Secondo lui questo è un mistero. Credo che questo problema non ha mai sfiorato don Luigi, che non ha mai avuto la visione sacerdotale come carriera. Per lui la pastorale era stare tra la gente. Lui ha sempre portato un luce dietro di se, ma non se ne è mai avvantaggiato. Quella luce ha avvantaggiato coloro che sono venuti dopo. E che sono diventati dotti».










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