FRAGAGNANO - Giuseppe Guida, l’ultimo reduce-combattente in vita fragagnanese
  • domenica 02 febbraio 2025

FRAGAGNANO - Giuseppe Guida, l’ultimo reduce-combattente in vita fragagnanese

25/04/2019 07:35:50 - Provincia di Taranto - Attualità

Racconti come quello di Giuseppe sono un patrimonio da salvaguardare, così come i valori e il significato di questa giornata, da tenere vivi e consegnare alle nuove generazioni

 

Alla vigilia del 25 Aprile, nel 74° anniversario della Liberazione della Penisola italiana dall’occupazione nazista, ho voluto dare voce a chi ha vissuto quei giorni concitati, fatti di speranza e di angoscia, giorni che profumano di libertà, ma intrisi anche del sangue di chi ha dato la propria vita, in difesa di un ideale.

Giuseppe Guida, classe 1924, è l’ultimo reduce e combattente in vita di Fragagnano, testimone del “secolo breve”.

La sua è un’infanzia trascorsa tra la scuola elementare frequentata a Monteparano e il duro lavoro nei campi.

Poi, nel 1943, arriva la chiamata alla leva e viene destinato a Roma, nella Sezione Allievi.

Di qui, verrà trasferito prima a Castel Gandolfo, successivamente al Campo di Aviazione a Ciampino ed, infine, alla Caserma Pogdora P. di Roma, per essere poi richiamato nell’Esercito e inviato a Trani, Verona e Belluno.

Nella mente di Giuseppe, alcuni ricordi affiorano in modo casuale e privo di contesto; altri, invece, riescono a trovare una giusta collocazione: gli affetti famigliari, i compagni di scuola, il rapporto amichevole instaurato con alcuni soldati tedeschi, il bombardamento anglo-americano del Collegio di Propaganda Fide a Castel Gandolfo, l’esperienza della morte…

E ancora: l’arrivo degli Americani a Roma .. “Ricordo le scatolette di latta con dentro le caramelle che lanciavano gli Americani ..” e il viaggio di ritorno a casa, in treno, da Roma a Napoli e, poi, con mezzi di fortuna, a Fragagnano, insieme al compagno d’avventura Antonio Piccione.

“Quando ci diedero la notizia che la guerra era finita, mi precipitai alla stazione insieme ad Antonio. C’era aria di festa su quelle rotaie, non vedevamo l’ora di riabbracciare i nostri cari…”, racconta Giuseppe.

Ad un tratto, nei suoi occhi, una luce particolare: la memoria lo ha riportato a Sofia, la sua compagna di vita, di cui avverte la mancanza.

Una lacrima riga il suo viso, poi ritorna a sorridermi.

Racconti come quello di Giuseppe sono un patrimonio da salvaguardare, così come i valori e il significato di questa giornata, da tenere vivi e consegnare alle nuove generazioni.

Nunzia Digiacomo





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