CASTELLANETA - La replica della famiglia del medico: «Falso che abbia saltato il protocollo di accesso al pronto soccorso»
  • domenica 02 febbraio 2025

CASTELLANETA - La replica della famiglia del medico: «Falso che abbia saltato il protocollo di accesso al pronto soccorso»

21/03/2020 10:01:00 - Provincia di Taranto - Attualità

In una lettera a firma della moglie (è un legale) vengono ricostruiti gli spostamenti del medico

La famiglia respinge le accuse piovute al medico che, secondo una prima ricostruzione, sarebbe stato la causa del contagio. Minacciando azioni legali, si sostiene la tesi che, al contrario, il medico sarebbe stato contagiato all’interno dell’ospedale.

Ecco alcuni passaggi della lettera.

«Falso che il medico abbia saltato il protocollo previsto per l’accesso al pronto soccorso non passando attraverso il pretriage. Falso che sia mai andato a Milano, né in alcuna zona rossa e non ha alcuna figlia che studi in quei luoghi. Il medico è stato in servizio, in normali condizioni di salute, sino al giorno 06/03/2019.

Domenica 08/03 ha iniziato a presentare al proprio domicilio febbre e da quel momento non si recava al posto di lavoro. Nei giorni 11 e 12 marzo la febbre regrediva e lui rimaneva comunque al proprio domicilio. La notte del 13 marzo, per il sopraggiungere di intenso dolore toracico, ha telefonato in PS chiedendo se poteva accedere, si è quindi presentato alla tenda di triage dove è stato sottoposto ai controlli preliminari e quindi è stato dato il permesso di accedere in PS.

Qui, protetto da mascherina e guanti, è stato sottoposto a prelievo e esame del torace. Nei giorni successivi, il medico – fa sapere ancora la moglie – «ha più volte richiesto l’esecuzione del tampone», ma «gli stessi sanitari interpellati hanno

affermato che non erano presenti criteri per sospettare infezione da Covid-19. «La colonscopia eseguita in data 3 marzo è antecedente agli eventi ed eseguita per controllo in completa assenza di sintomi».

Insomma, per la famiglia, l’infezione sarebbe stata al contrario contratta dal medico in ospedale dove «verosimilmente – conclude la lettera non senza anticipare azioni legali a propria tutela - c’è un’ulteriore fonte di contagio».

(foto d'archivio)





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