Vico (PD): “Un segnale preoccupante. Il Governo non si accorge della sconfitta che sta subendo insieme ai porti HUB italiani”
Sulla vicenda che riguarda l’abbandono da parte di Evergreen del Porto di Taranto credo sia opportuno fare chiarezza rilanciando la questione in termini più ampi. Qui è a rischio l’assetto italiano sui mercati marittimi che riguardano il bacino del Mediterraneo e gli aspetti di efficienza del nostro terminal utilizzati come pretesto dalla multinazionale taiwanese per trasferire 4 linee in un altro porto, sono la classica pagliuzza nell’occhio che non vede la sua trave.
Il parlamentare del PD, Ludovico Vico, interviene sul riposizionamento di 4 linee (due linee oceaniche e due linee feeder) di Evergreen che dal 15 settembre si trasferiranno nel terminal greco del Pireo.
Un riposizionamento nell’area del Mediterraneo che è un segnale molto preoccupante – dice Vico – il primo gesto palese di disimpegno da parte di Evergreen, verso il Porto di Taranto per cui è azionista al 40% della Taranto Container Terminal. Una comproprietà lasciata al ruolo di maggioranza, con il 50% delle quote azionarie, alla Hutchinson Whampoa, la multinazionale di Hong Kong che detiene la cospicua fetta del 13% del mercato marittimo globale.
Nel 2009 il matrimonio tra le società di Hong Kong e Taiwan che puntarono su Taranto – spiega Vico – che fino ad allora aveva vissuto quasi esclusivamente con le movimentazioni legate ad Evergreen, mai capace, in realtà di superare la soglia di un milione di TEUS l’anno, a fronte di una capacità nominale di oltre 2milioni, ci fecero ben sperare.
Ma il sogno di Li Ka-Shing, patron dell’Hutchinson e tra gli uomini più ricchi del mondo, originario di Hong Kong ma con non trascurabili rapporti con Pechino e del terminal tarantino di diventare il Porto-chiave del Mediterraneo, oggi si sgretola sotto gli occhi di un “abbandono” che il parlamentare del PD pone sotto la lente dell’interesse politico-strategico nazionale.
Questo Governo pare non accorgersi – dice Vico – della sconfitta che sta subendo insieme a Taranto e insieme ai porti HUB italiani (Taranto, Gioia Tauro e Cagliari) completamente bypassati dai nuovi scali che stanno sorgendo in Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Libia e Spagna. Persino la Francia riconquista spazi a Sud puntando su Malta e noi, invece, piattaforma logistica naturale rimaniamo tali solo in ambito “lessicale”.
Un allarme che Vico aveva lanciato anche in Calabria non meno di due mesi fa parlando del porto di Gioia Tauro.
Manca un qualunque straccio di politica industriale, commerciale e di cooperazione legato al Mediterraneo – commentò Vico nella riunione svoltasi in Calabria – Nel 2015 nel “mare nostrum” il traffico di contenitori sarà all’incirca di 25-30 milioni di TEU a fronte degli attuali 16 milioni, ma mentre in Italia non si pongono le basi di una maggiore competitività, non solo legate al costo del lavoro ma anche a misure ordinarie come l’azzeramento delle tasse e sovratasse di ancoraggio, la riduzione delle accise che gravano sui prodotti energetici e la riduzione del 45% degli oneri sociali (in analogia a quanto previsto per il cabotaggio – ndr),
sui nuovi terminal nati nell’area del mediterraneo sono stati investiti dai rispettivi Stati circa 9 miliardi di euro.
Un paradosso tutto italiano che in piena crisi è capace di lanciare l’allarme per il trasferimento anche di una piccola fabbrica in Serbia o Romania, ma quasi non si accorge quando il mercato mondiale rischia di tagliarci fuori definitivamente – sottolinea il deputato del PD.
Uno scenario che Vico prova a leggere osservando gli spostamenti degli grandi armatori-terminalisti sugli scenari internazionali.
Esiste una inaudita negligenza da parte dello Stato nel non voler neanche leggere cosa sta accadendo attorno a noi – commenta – con la Maersk che pur affacciandosi al Porto di Taranto (per chiarezza: i cileni della CSAV sono andati via e in sostituzione per carichi locali sta attraccando una linea feeder della Maerks – ndr) si è già stabilmente riallocata a Port Said in Egitto, i coreani dell’Hanjin a Terragona in Spagna, la cinese COSCO nel Pireo e i francesi della CMA a Malta e Taranto che ha tra i soci l’azionista Hutchinson, uno dei più grandi del mondo, che manca la scommessa del Porto e della intermodalità. Sarebbe da chiedere almeno a Li Ka-Shing come mai la sua grande mole di traffico non sfiora neanche il terminal tarantino.
Una domanda che probabilmente lo stesso parlamentare porrà all’attenzione del Governo.
Credo sia arrivato il tempo di fare fronte unico – commenta – chiedere al PD, ma anche a tutti i parlamentari delle Regioni coinvolte (Puglia, Calabria e Sardegna), nonché agli enti regionali e alle istituzioni locali di porre il problema. Chiedere, insomma, che nella partita sui traffici marittimi internazionali l’Italia e i suoi porti HUB siano in grado di partecipare, costruendo presupposti di competitività, ma anche dando forma al tanto atteso Sistema Integrato di trasporto multimodale e di logistica.
Concetti che per Taranto si traducono in argomenti stranoti come la diga foranea per cui la Regione Puglia deve ancora licenziare il VAS (Valutazione di Impatto Ambientale Strategica), il dragaggio dei fondali, i collegamenti stradali e ferroviari e la altrettanto famosa Piastra Logistica.
Un ulteriore disimpegno da parte di questo Governo, un ulteriore perdita di tempo sui progetti di integrazione del nostro trasporto marittimo e intermodale, l’ennesima disattenzione nei confronti di siti di interesse strategico nazionale guarda caso allocati tutti al Sud – spiega Vico – non significherà solo la morte di Taranto, Gioia o Cagliari, ma la fine di un ruolo che avremmo potuto giocare con dignità nell’ambito dello scacchiere internazionale e a cui abbiamo rinunciato per non aver riconosciuto neanche il campo in cui si disputava la competizione.
Il parlamentare del PD, Ludovico Vico, nei prossimi giorni incontrerà i parlamentari del PD pugliese e quelli di Calabria e Sardegna per definire un ulteriore azione di pressione nei confronti del Ministro delle Infrastrutture e i Trasporti.