Diritto alla salute o business sulla malattia?
«Sin da quando esiste la fantomatica unità d’Italia, il Sud ha sempre subito la colonizzazione del Nord. Nell’ambito sanitario la quantità di ospedali nel Nord, e soprattutto il fiorire di eccellenze ospedaliere, ha cozzato con la realtà sanitaria del Sud, dove l’ospedale è sempre stato volutamente concepito come grande opera clientelare e non come garanzia del diritto alla salute: i viaggi della speranza verso gli ospedali del Nord, ancora attuali, ne sono l’esempio più triste ed emblematico.
La regionalizzazione del SSN ha dato un ulteriore colpo di grazia a questa situazione, amplificando ancora di più il divario sanitario-assistenziale tra Nord e Sud. In questo modo una regione che è più ricca può finanziare meglio la propria sanità, una regione che è più povera deve accontentarsi dei suoi miseri bilanci. Bisogna essere “fortunati”, nella sfortuna di ammalarsi, di essere nati in Lombardia, Liguria o Emilia, e non in Calabria, Sicilia o Puglia, perché lì ci si può curare meglio, qui l’incertezza della cura è di casa … rimane però sempre il viaggio della speranza!
Eppure le trattenute per il Servizio Sanitario sono uguali per un cittadino di Trapani o di Bergamo. Per le trattenute sì, esiste l’unità d’Italia!!!
Già gli ospedali erano passati da Unità Sanitarie Locali ad Aziende Sanitarie Locali, sottraendo sempre di più il diritto alla salute attraverso fantomatici bilanci amministrativi, tipici di qualsiasi azienda. Con la crisi economica galoppante ed i continui tagli ai servizi sociali, la ristrutturazione sanitaria diventa sempre più selvaggia. E così, senza peraltro avere né a livello nazionale né regionale progetti ben definiti di miglioramento funzionale e qualitativo sulla Sanità, si arriva a concepire la chiusura di interi ospedali: non bastavano gli accorpamenti, la chiusura di interi reparti, i ticketts su farmaci e visite specialistiche, le consulenze a pagamento anche in ospedale, ecc….ecc. La lista è veramente molto lunga di tutto ciò che è stato tolto al diritto alla salute, lo sa perfettamente bene chiunque abbia avuto la sfortuna di incappare in una malattia piuttosto grave.
La realtà tarantina rispecchia alla grande questa situazione disastrosa. Chiudere ospedali è un evento allarmante, ma chiuderli in una provincia che ne ha già decisamente pochi, allora il dramma diventa tragedia veramente esasperante, un misto tra servitù neo-coloniale ed annientamento di intere popolazioni. Taranto e la sua provincia hanno in assoluto il minor numero di ospedali rispetto alle altre città e provincie pugliesi. Taranto, pur rientrando tra le prime 20 città più popolose d’Italia (circa 300.000 abitanti), ha di fatto soltanto 2 ospedali pubblici.
In provincia le cose non stanno da meno: l’ospedale di Manduria ha un bacino di utenza di almeno 100.000 abitanti, con ulteriore e considerevole aumento nella stagione estiva. Taranto è in vetta alle classifiche europee per malattie respiratorie, grazie a tutti i veleni che “ci offrono i signori della morte”. Pur tuttavia non c’è di fatto nemmeno l’ombra di un reparto di pneumologia pubblica né in città né in provincia. Ma questo certamente non è l’unico settore vuoto della sanità tarantina, che continua a subire una dipendenza storica dalle realtà sanitarie di Bari e Lecce.
Come valutare in questa realtà contemporanea il progetto S. Raffaele a Taranto? Un mega-progetto che, al di là della sua fattiva realizzazione, prevede da un lato lo smembramento dei 2 ospedali pubblici tarantini (SS. Annunziata e Moscati), dall’altro un mega-polo ospedaliero di eccellenza (in che cosa?) che viene interamente tirato su con i soldi pubblici della collettività e dato in gestione a privati alla don Verzè. La stessa sorte dell’AQP per intenderci. Tanto la realtà tarantina è abituata a questi “mega-regali” del pubblico al privato: l’ex Italsider ora ILVA offerto a Riva ne è l’esempio più eclatante.
è forse sbagliato parlare di colonialismo? Il Sud è realmente colonizzato dal Nord. Ma oggi oltre al danno pure la beffa: un tempo i colonizzatori si facevano carico di tutto l’armamentario d’invasione, oggi noi mettiamo a disposizione finanziamenti e capitali, manodopera ed intelligenze, a loro non rimane altro che riportare a casa gli ingenti profitti … un po’ troppo comodo così!!!
Eppure la maggioranza reale degli italiani (quasi 30 milioni di cittadini) si era espressa chiaramente con il Referendum di giugno 2011 sul concetto di privatizzazione e ripubblicizzazione dei beni comuni. Ma ancora una volta, la classe politico-dirigenziale dominante, forte soltanto di una pseudo-democrazia e di una pseudo-volontà popolare, di fatto con una manciata di voti, attraverso reimpasti e minestroni vari all’italiana, continua ad autoeleggersi per autoimpossessarsi della gestione della cosa pubblica, contro i legittimi bisogni reali dei cittadini.
La storia contemporanea sta dimostrando l’assoluto fallimento di questa classe dominante, perché lo smantellamento dello stato sociale e delle privatizzazioni dei servizi della collettività hanno portato soltanto verso un mondo pieno di ingiustizie ed enormi differenze sociali. È questa classe dominante fallita che è la responsabile delle sue crisi economico-finanziarie, fatte pagare eternamente alla gente, nonché degli squilibri e devastazioni sia sociali che ambientali. Questa classe deve scomparire dalla scena e pagare per i misfatti compiuti, per gli eterni profitti rimpinguati ai danni dei cittadini e delle classi subalterne. Non è ancora accettabile né possibile che la collettività continui a pagare il costo di queste incapacità, di questa arroganza, di questi profitti senza fondo.
- Per la tutela della sanità pubblica universale intesa come bene comune, contro ogni forma della sua mercificazione e aziendalizzazione;
- Per impedire la chiusura di qualunque ospedale sia esso di Manduria, di Grottaglie o di qualsiasi altro posto, contro quei muri che dividono campanilisticamente la gente;
- Per un valido ed efficace piano sanitario che non contempli cittadini di serie A o serie B e che abbia il solo scopo di risolvere realmente le necessità di salute dei cittadini su ogni singolo territorio, contro quei piani sanitari fatti di bilanci che servono a giustificare la non sanità.
Si rafforzi la coscienza nei cittadini ed ammalati che la sanità non è un regalo che viene dall’alto perché, loro stessi come contribuenti, se la stanno già strapagando a caro prezzo.
NOI LE VOSTRE CRISI NON LE VOGLIAMO PAGARE PIÙ»
Comitato Cittadino Antinucleare Maruggio